Con il blocco della cessione del credito il Superbonus non è più ugualmente conveniente. Questo il pensiero di tante famiglie ma corrisponde a verità?
Dal 17 febbraio per recuperare le spese del Superbonus è ammessa unicamente la detrazione fiscale. Il Governo ha bloccato cessione dei crediti e sconto in fattura.
Imprese e famiglie sono rimaste allibiti dal Decreto lampo che ha imposto lo stop alla cessione dei crediti e allo sconto in fattura per tutti i Bonus edilizi, Superbonus compreso. Chi ha tardato l’inizio dei lavoro pensando di avere tutti il 2023 per approfittare della cessione con aliquota del 90% si trova ora in mezzo ad un bivio. Procedere con la ristrutturazione utilizzando la detrazione o porre fine al sogno di riqualificare l’immobile? D’ora in poi per ristrutturare occorrerà pagare e la percentuale da recuperare verrà portata in detrazione e recuperata in un quinquennio. Dov’è la convenienza? Sicuramente non la vedono i cittadini con redditi bassi, privi della liquidità necessaria per affrontare importanti lavoro di recupero del patrimonio edilizio ed efficientamento energetico.
L’ipotesi più plausibile, dunque, è che le case rimarranno come sono anche se le direttive europee impongono la svolta green entro il 2030 (per i condomini). Un bivio dal quale sarà difficile uscirne con la scelta più giusta. Proviamo ad approfondire le possibilità per capire come muoversi.
Chi avvierà i lavori ammessi al Superbonus (o ad un altro Bonus edilizio) a partire dal 17 febbraio 2023 dovrà effettuare la detrazione senza alcuna altra opzione di scelta. Il cittadino, dunque, maturerà il diritto ad una detrazione di aliquota variabile a seconda del Bonus utilizzato – dal 50 al 90% – che verrà spalmata su un diverso numero di anni. Saranno quattro per il Superbonus, cinque per il Sismabonus ordinario e il Bonus barriere architettoniche e dieci anni per l’Ecobonus e il Bonus manutenzione.
L’inghippo di cui tener conto è che maggiore sarà la somma da detrarre e minore il tempo di recupero degli importi più aumenteranno i rischi di maturare un credito più alto dell’IRPEF dovuta. Significa andare incontro all’incapienza fiscale e perdere la parte eccedente l’IRPEF. Optando per il Superbonus questo rischio è, purtroppo, molto elevato.
Il blocco della cessione del credito e dello sconto in fattura (al vaglio dell’esecutivo la possibilità di concederlo unicamente alle famiglie con basso reddito) penalizza sicuramente i cittadini che hanno una situazione economica fragile. Inoltre danneggia i contribuenti che non presentano redditi assoggettabili a IRPEF, compresi i titolari di Partita IVA in regime forfettario. Penalizzati anche coloro che hanno redditi importanti ma che pagano una ritenuta definitiva alla fonte.
Poniamo il caso di un ereditiere con 125 mila euro di reddito all’anno che derivano dall’incasso di dividenti oppure di affitti che prevedono il pagamento della cedolare secca. Questo stesso ereditiere risulterebbe incapiente. E non è detto che anche i cittadini con capacità fiscale vogliano impegnarsi ad effettuare i lavoro ammessi al Superbonus.
Una soluzione per tutelare i nuclei familiari con redditi bassi potrebbe essere quella di mantenere la cessione del credito oppure lo sconto in fattura solamente per i cittadini che rientrano in un determinato limite reddituale. L’esecutivo è al lavoro su questa possibilità ma è realizzabile? E soprattutto funzionerebbe? Con riferimento ai condomini la risposta è negativa. La varietà dei redditi dei condòmini metterebbe in confusione la banca oppure l’impresa che applica lo sconto in fattura. Alcune famiglie con detrazione, altre con cessione, altre ancora con sconto, non converrebbe a nessuno impelagarsi in pratiche così differenti. Occorre considerare, poi, che lo stesso condòmino potrebbe non voler far conoscere agli altri la propria situazione reddituale.
Se con la cessione del credito è convenuto ai condomini chiedere il Superbonus, la musica cambia con la detrazione. La misura è diventata meno allettante già da quando l’aliquota è scesa al 90%. Ricordiamo che per ottenere il 110% anche nel 2023 occorrerà aver presentato la CILA Superbonus in tempo (fine novembre). Ciò significa che ad oggi avendo presentato la CILA dal 1° gennaio 2023 si potrà ottenere il Bonus solamente al 90% puntando a ricavare – nel migliore delle ipotesi – il 75% della spesa più il 25% a cui aggiungere i costi non detraibili.
Dover saldare i conti subito tirando fuori i soldi di tasca propria? Difficilmente il condòmino si lascerà convincere e servirà una maggioranza forte per procedere. In realtà la regola del Superbonus prevede che alla seconda convocazione dell’assemblea sia sufficiente un numero di voti pari alla maggioranza degli intervenuti più un terzo del valore dell’edificio ossia 333,34 millesimi. Una norma logica finché nessuno era chiamato a pagare i lavori. Non essendoci più la cessione, però, non si può imporre alle famiglie il pagamento degli interventi. La maggioranza stretta, dunque, è un grande rischio che potrebbe portare a slittamenti e opposizioni ai lavori. Allungando troppo i tempi, però, si arriverà al 2024 e cosa accadrà? L’aliquota sarà ulteriormente ridotta fino al 70%. Ciò significa dover uscire ancora più soldi. Ma chi non li ha non potrà mai pagare. Insomma è un cane che si morde la coda.
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