Perché da più parti si legge dell’ipotesi dell’addio allo SPID e cosa può cambiare per l’identità digitale: i dettagli
Al prossimo aprile del corrente anno scadranno le convenzioni per la gestione dello SPID, tenendo presente che gli accordi sono giunti a scadenza nel 2022 ma vi è stata una proroga d’ufficio da AGID.
Il tema SPID desta attenzione, la problematica maggiore si lega ai costi. Infatti le spese circa i servizi d’assistenza a trentatré milioni di cittadini e dodicimila PA che usano il sistema sono ingenti.
Senza un accordo tra le parti interessare, a partire dalla fine di aprile potrebbe arrivare lo stop definitivo allo SPID. Un’ipotesi esclusa dal sottosegretario Butti, che apre ad una soluzione codivisa, spiega Il Corriere della Sera.
Nell’ambito della riunione con AGID, la posizione di Assocertificatori riceveva il sostegno pur del restante cinque per cento che non si lega all’associazione. Assocertificatori rappresenta i fornitori del novanta cinque per cento dei servizi digitali quali SPID. Ma anche PEC e firma elettronica.
Il presidente Auletta ha spiegato, si legge, che considerando la criticità rivestita dal servizio, si è disposti ad accettare un’altra proroga circa alcuni mesi. Ciò però a condizione che sia presente la volontà politica di affrontare la questione della sostenibilità economica del sistema.
Inoltre ha spiegato di aver scritto al sottosegretario le proprie istanze e di aspettare una risposta nel merito, augurandosi un’intesa.
Il tema SPID è importante ed interessa da vari punti di vista, come la delega: qui per approfondire.
Ma in ottica di un ipotetico addio, non si è fatta attendere la risposta dell’esecutivo nel 23 febbraio, da parte del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’Innovazione Tecnologica.
Butti ha informato a proposto di una convocazione, a partire dalla prossima settimana, dei gestori dell’identità digitale. Per dar inizio all’ascolto e al confronto per “delineare gli scenari futuri”.
Sta già lavorando al cronoprogramma un team di esperti, nominata presso il Dipartimento per la Trasformazione Digitale.
Durante un primo incontro con Assocertificatori, Butti ha sottolineano la volontà e la disponibilità politica dell’esecutivo in ottica soluzione condivisa e sostenibile.
L’intenzione, spiega Butti, è di non disperdere l’esperienza e il patrimonio innovativo dello SPID. Vi è la volontà di evolvere e appartare miglioramenti ai sistemi italiani di identità digitale.
All’interno di una lettera inviata di recente al sottosegretario, vi è la richiesta dei gestori di un fondo dedicato al fine della copertura dei costi del servizio ed investimenti nell’innovazione.
Al contempo, si richiede d’esser coinvolti nella strategia dell’esecutivo per il futuro, nel Paese, dell’identità digitale. Preoccupazioni e perplessità si legano alla proposta circa la creazione di un unico sistema dove far confluire SPID e CIE.
Butti, in una lettera al Corriere, si legge, a dicembre, aveva assicurato a proposito della non eliminazione dell’identità digitale. Pensi di poterne avere “solamente una, nazionale” con gestione da parte dello Stato.
Ciò, spiegava, per 4 ragioni. La semplificazione della vita digitale dei cittadini, l’aumento della sicurezza, maggior accessibilità dei servizi digitali. Ed il risparmio, dal momento che SPID “ha un costo per lo Stato”.
Circa la maggior sicurezza ed efficacia di CIE, vi sono dei dubbi da parte delle aziende. Considerando che in tal caso vi sia bisogno di una carta fisica per l’accesso al mondo digitale. Un aspetto definito “anacronistico” dal presidente di Assocertificatori.
Di recente si è parlato di un bando di gara a marzo circa la nuova applicazione unificata. Ipotesi al momento non confermata da parte del Dipartimento per la trasformazione Digitale. Quest’ultimo ha informato circa la volontà di lavorare ad una soluzione condivisa. Insieme ai provider.
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