Il presidente dell’INPS, Pasquale Tridico, nel salotto di Bruno Vespa parla delle pensioni e delle difficoltà di garantire un assegno a tutti.
Pasquale Tridico, nella trasmissione di “Porta a Porta” rileva la complessità del sistema previdenziale fornendo una panoramica dei pensionati oggi e cosa potrebbe accadere nel futuro.
Alla domanda di Bruno Vespa “Sbaglio, qua in pensione alla fine, non ci andrà più nessuno? Il presidente dell’INPS, Pasquale Tridico risponde: <<No, per carità, oggi noi abbiamo 16 milioni di pensionati e il futuro ne avremo poco di meno. Quasi 3 milioni i lavoratori, 22 milioni pensioni, ben 16 milioni di pensionati e 23,4 milioni circa di lavoratori. Un rapporto che più ci preoccupa è quello della popolazione attiva. Le prospettive demografiche evidenziano un rapporto che diminuisce. A mio avviso è il dato che deve essere attenzionato maggiormente dalla politica, dal parlamento, dal governo, perché la chiave di volta per la sostenibilità è più lavoro e soprattutto più lavoro di qualità>>.
Nel corso della trasmissione sono state effettuate varie considerazione, come quella sulla nuova riforma che deve considerare vari fattori
Dalle varie considerazioni bisogna tener presente che qualsiasi riforma delle pensioni dovrà contenere tutti i vari fattori. Nello specifico, l’invecchiamento della popolazione e il basso tasso di occupazione. Dai dati di giugno 2022, l’Italia è tra gli ultimi Paesi in termini di livelli occupazionali, battuta anche dalla Grecia. Pertanto, si rende necessario calibrare le pensioni per poterle pagare a tutti.
In Italia la riforma delle pensioni per garantire più flessibilità in uscita è sempre all’orizzonte.
Ed è proprio quell’orizzonte che si sposta continuamente in avanti, spinto da un evidente problema di costi. Anche oggi le discussioni si concentrano su aspetti importanti per i diretti interessati ma nel dettaglio, rispetto al sistema previdenziale complessivo, il lavorio è ancora una volta orientato su Opzione Donna; cioè sulla possibilità per le lavoratrici di uscire con almeno 35 anni di anzianità, a patto di optare per il meno generoso calcolo contributivo.
La platea delle lavoratrici è stata ristretta dall’ultima Legge di Bilancio che ha alzato a 60 anni l’età minima per questa categoria di lavoratrici. L’età 60 anni, scende a 59 anni per le donne che hanno un figlio e a 58 per quelle che ne hanno almeno due o sono interessate da licenziamenti o crisi aziendali.
Le varie riunioni di confronto tecnico fra Governo e Sindacati, sono allo studio varie ipotesi per ammorbidire i requisiti che si presentano troppo stringenti, ma il problema dei costi resta delicatissimo. Si immagini che anche un ritocco sull’ Opzione donna è un problema per la finanza pubblica, quindi, è facile capire come è difficile trovare una soluzione alla riforma della legge Fornero.
La spesa previdenziale italiana intorno al 17% del PIL è la più alta al mondo. La demografia è soprattutto l’inflazione, la fanno aumentare di 55 miliardi cinquantacinque miliardi entro il 2025. Questo aumenta il peso su debito pubblico che è già 50 punti sopra la media dell’eurozona. L’ufficio parlamentare di Bilancio ha spiegato alla Camera e Senato che senza correttivi basterà l’invecchiamento della popolazione a portare il PIL ventuno punti sopra i livelli attuali tra meno di venti anni.
Bruno Vespa chiede: “in questo scenario soluzioni semplici non esistono. Qual è il suggerimento Presidente?”
Tridico: <<Guardi il punto è di nuovo il lavoro. Eh è vero come diceva il direttore Tamburini che c’è un problema di matching quindi quattrocentomila unità di lavoro si possono recuperare attraverso politiche attive efficaci. Però, voglio ricordare un dato. Noi siamo un paese più o meno come la Francia. In Francia ci sono poco più di sessanta milioni di abitanti e oltre trenta milioni di lavoratori. Da noi sono ventitré milioni di lavoratori. Cioè il nostro sistema economico produce pochi posti di lavoro oggi. Io spero e mi auguro che la politica che il PNNR possa essere un volano soprattutto per il pubblico. Perché negli ultimi dieci anni il turn over ha bloccato anche quel sistema di assunzione. In effetti, molti giovani vanno all’estero anche avendo quelle condizioni che le aziende chiedono oggi, ma sono costrette ad andare all’estero perché accedono a migliori condizioni di lavoro e anche di salario, bisogna dirlo. Dopodiché c’è un problema di capacità produttiva, soprattutto a Sud che interessa l’assorbimento di donne e di giovani>>.
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