Tutti noi probabilmente abbiamo sofferto di sonni agitati, e anche di risvegli angosciosi. La Scienza però ha in serbo una pessima notizia.
Sembra che la pessima qualità del sonno riveli in anticipo le probabilità di insorgenza di forme di demenza cerebrale, compreso il Parkinson (PD) e la demenza a corpi di Lewy (DLB).
È davvero difficile credere che se dormiamo male o se facciamo egli incubi potremmo essere malati in futuro. Ovviamente non è tutto così semplice, ma gli studiosi hanno fatto interessanti scoperte. Ciò potrebbe servire a diagnosticare in tempo eventuali patologie e dunque ad adottare tempestivamente le cure esistenti. Dobbiamo ricordare, infatti, che per le malattie neurodegenerative non esistono al momento trattamenti definitivi.
Tutti noi abbiamo certamente avuto degli incubi, ogni tanto, e magari ci siamo svegliati sudati, impauriti o urlando. Quando gli studiosi parlano di associazione tra disturbi del sonno e demenza cerebrale, però, fortunatamente si riferiscono a dei disturbi ben precisi.
Parlano in fatti di un disturbo comportamentale (chiamato iRBD) che si manifesta nella fase REM (quella in cui si sogna) e che è caratterizzato da precisa sintomatologia. Infatti chi soffre di questo disturbo accusa alterazioni motorie e/o comportamentali innescate da incubi o sogni angosciosi, che possono poi sfociare in somniloquio (ridere, urlare o parlare mentre si dorme) e addirittura in gesti violenti e incontrollati, come calci e pugni o cadute dal letto. Questi gesti possono causare danni fisici sia al soggetto che ovviamente a chi gli sta accanto.
Ebbene, secondo diversi studi, questo tipo di disturbo è uno dei segnali precoci di Demenza, e gli esperti affermano che “in più dell’80% dei casi il soggetto svilupperà una sindrome neurodegenerativa associata all’accumulo di α-sinucleina come la malattia di Parkinson o la demenza a corpi di Lewy“.
Addirittura, già pochi anni dopo la diagnosi del disturbo del sonno iRBD, il rischio è quantificato nell’ordine “del 25% a 3 anni dalla diagnosi, del 41% a 5 anni e del 73.5% a 12 anni, fino al 92.5% a 14 anni dalla diagnosi“.
Una delle buone notizie è che i pazienti che soffrono di disturbi del sonno gravi possono, dopo la diagnosi, cercare di tenere sotto controllo i sintomi, e vivere una vita quotidiana meno invalidante. Inoltre, sapere in anticipo ciò che potrebbe accadere permette ai medici di ideare terapie preventive, così da limitare i danni futuri.
Attualmente, come già detto, non esistono cure definitive ma sono allo studio diversi vaccini e trattamenti, che potranno – si spera – migliorare le condizioni di salute di chi soffre di questi disturbi.
(Le informazioni presenti in questo articolo hanno esclusivamente scopo divulgativo e riguardano studi scientifici o pubblicazioni su riviste mediche. Pertanto, non sostituiscono il consulto del medico o dello specialista, e non devono essere considerate per formulare trattamenti o diagnosi)
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