Quali sono le regole per l’erogazione della pensione di reversibilità per gli ex partner divorziati? Hanno diritto al beneficio oppure no?
La pensione di reversibilità è riconosciuta al coniuge superstite, nel caso in cui l’altro consorte (titolare di prestazione pensionistica) muoia.
Ma qual è la disciplina normativa nel caso di ex coniugi divorziati? L’assegno al superstite spetta anche in tal caso? Se sì, in che misura? Vediamo quali sono le regole da applicare.
La cd. pensione ai superstiti è un assegno che l’INPS eroga ai familiari di un soggetto defunto. È di due tipi, in base alla circostanza che la persona deceduta fosse già pensionata o meno. Nella prima ipotesi, si parla di pensione di reversibilità; nella seconda, invece, di pensione indiretta. Quest’ultima, tuttavia, può essere riconosciuta solo se il contribuente aveva maturato almeno 15 anni di anzianità assicurativa e contributiva oppure solo 5 anni, dei quali almeno 3 nel quinquennio antecedente la data della morte.
L’ammontare dell’assegno di reversibilità non è uguale per tutti, ma viene calcolato sulla base dell’importo percepito dal defunto.
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In Redazione è giunto il seguente quesito:
“Buongiorno, il mio avvocato mi ha confermato che anche se l’ex moglie non percepisce un assegno di mantenimento, ha diritto lo stesso alla pensione di reversibilità. È vero?”
Per sciogliere il dubbio del Lettore dobbiamo analizzare cosa accade alla reversibilità in caso di divorzio.
In base all’attuale Legge sul Divorzio, la prestazione, in determinate circostanze, viene accordata anche all’ex coniuge divorziato.
In particolare, le ipotesi in cui al partener divorziato spetta la reversibilità, sono le seguenti:
In base a quanto finora evidenziato, chiariamo al Lettore che se l’ex coniuge divorziato non era percettore di assegno divorzile, non avrà diritto neanche alla prestazione in caso di morte dell’ex partner.
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Per la determinazione dell’importo della prestazione di reversibilità all’ex coniuge, bisogna valutare non solo la cifra della pensione del defunto, ma anche la durata del matrimonio.
Nel periodo di validità del vincolo matrimoniale, inoltre, va ricompreso anche il periodo di separazione legale; l’unione, infatti, si considera finita solo al termine dell’intero procedimento e, dunque, al momento dell’emissione della sentenza di divorzio.
Ai fini della quantificazione della rata spettante, si prendono in considerazione i seguenti elementi:
È molto frequente il caso in cui il coniuge defunto, prima dell’evento e dopo il divorzio, si era risposato.
Si tratta di un’ipotesi molto delicata, perché la pensione di reversibilità deve essere suddivisa tra più persone. Spetta, infatti, sia all’ex coniuge sia a quello superstite, sposato col pensionato al momento della morte.
Per quantificare l’importo, si dovranno considerare la durata di entrambi i matrimoni e le condizioni economiche dell’ex coniuge e del superstite.
Su questo tema si è espressa anche la Corte di Cassazione, con la sentenza 28 aprile 2020, n. 8263. I giudici hanno evidenziato che “la ripartizione del trattamento di reversibilità, in caso di concorso tra coniuge divorziato e coniuge superstite, deve essere effettuata ponderando, con prudente apprezzamento, in armonia con la finalità solidaristica dell’istituto, il criterio principale della durata dei rispettivi matrimoni, con quelli correttivi, eventualmente presenti, della durata della convivenza prematrimoniale, delle condizioni economiche e dell’entità dell’assegno divorzile”.
Se, invece, il soggetto defunto avesse convissuto per un determinato periodo con un’altra persona, essa non avrebbe avuto diritto alla pensione di reversibilità.
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