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Pensioni

Contributi non versati: scatta il principio dell’automaticità ma il datore di lavoro rischia sanzioni pesantissime

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Il datore di lavoro ha l’obbligo di versare i contributi ai propri dipendenti. Cosa succede se non adempie? Cosa rischia?

Il datore di lavoro è obbligato al versamento della retribuzione, dell’assicurazione INAIL e della contribuzione INPS a tutti i dipendenti.

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L’art. 2115 del Codice Civile, infatti, stabilisce che “l’imprenditore e il prestatore di lavoro contribuiscono in parti eguali alle istituzioni di previdenza ed assistenza”.

L’accredito dei contributi previdenziali obbliga, dunque, il dipendente (tramite la trattenuta in busta paga) e il datore. Quest’ultimo provvede tramite F24 con codice DM10 (sia per la sua quota sia per quella trattenuta al lavoratore). Si tratta di un’operazione fondamentale, perché l’anzianità contributiva incide sulla maturazione del diritto e sulla misura della pensione.

Ma cosa accade se il datore di lavoro non versa i contributi ad un suo dipendente? In che modo può difendersi il lavoratore? Analizziamo la disciplina normativa e scopriamolo.

Come controllare se ci sono contributi non versati?

In Redazione è giunto il seguente quesito:

Buongiorno, volevo sapere se, per i periodi lavorati per i quali il datore non mi ha versato i contributi, posso provvedere autonomamente. Grazie mille.”

Per avere un quadro completo sulla propria posizione assicurativa e contributiva, consigliamo al nostro Lettore, innanzitutto, di controllare l’“Estratto conto contributivo. È il documento sul quale compaiono tutti gli accrediti effettuati all’INPS in favore del lavoratore e, in particolare, i versamenti da lavoro, figurativi e da riscatto.

L’Estratto è consultabile sul sito dell’Istituto di Previdenza, alla sezione “Prestazioni e Servizi – Prestazioni – Consultazione Estratto conto contributivo / previdenziale”. Si può, inoltre, richiedere al Contact Center, telefonando al numero 803.164 o allo 06.164.164 oppure ad un Patronato.

Leggi anche il seguente approfondimento: “Contributi volontari per il pensionamento anticipato, la possibilità poco conosciuta“.

Il principio dell’automaticità delle prestazioni

In ambito contributivo, a tutela del lavoratore dipendente, si applica il principio della cd. “automaticità delle prestazioni. Esso prevede che le prestazioni previdenziali vengono riconosciute anche se il datore non ha regolarmente versato i contributi.

Per la pensione di vecchiaia, invalidità e ai superstiti, però, tale regola è applicabile solo se:

  1. i contributi omessi non si sono prescritti. In tal caso, al dipendente spetta il risarcimento danni da parte dell’azienda, sotto forma di rendita vitalizia reversibile;
  2. l’interessato dimostra l’esistenza del rapporto di lavoro.

I contributi non versati si prescrivono dopo 5 anni dalla data di scadenza del pagamento. Se, però, interviene la denuncia da parte del lavoratore, il termine di prescrizione si allunga a 10 anni.

Il Lettore, dunque, deve controllare la data di prescrizione dei versamenti non accreditati ed agire di conseguenza.

Quali conseguenze ci sono per il datore che non versa i contributi?

Il datore di lavoro che non versa (in tutto o in parte) i contributi previdenziali è suscettibile di irrogazione di sanzioni civili e penali.

Al riguardo, però, bisogna distinguere tra:

  • omissione, consistente nella condotta del datore che non versa (o lo fa in ritardo) la contribuzione, il cui importo è, però, riscontrabile dalle denunce o dalle registrazioni obbligatorie;
  • evasione, che si ha in caso di denunce obbligatorie o registrazioni omesse o non corrispondenti al vero.

Potrebbe interessarti anche il seguente articolo: “Pensioni: il rimborso dei contributi versati è possibile, non tutti lo sanno“.

In cosa consistono le sanzioni civili?

I datori che non pagano i contributi ai dipendenti entro il termine fissato oppure vi provvedono in misura ridotta, soggiacciono al versamento di una cifra uguale al tasso BCE aumentato del 5,5%, entro il massimo del 40% dei contributi dovuti.

Per l’evasione, invece, si distinguono i seguenti casi:

  • se riguarda registrazioni o denunce obbligatorie non corrispondenti al vero oppure omesse, si applica una sanzione civile uguale al un tasso di interesse pari al 30%, entro il massimo del 60% dei contributi dovuti;
  • nel caso di denuncia spontanea, c’è una sanzione pari al tasso BCE aumentato del 5,5%, entro il massimo del 40% dei contributi dovuti;
  • se deriva da incertezze oggettive legate a orientamenti giurisprudenziali contrastanti sull’obbligo contributivo, si applica una sanzione corrispondente al tasso BCE aumentato del 5,5%, entro il massimo del 40% dei contributi dovuti.

Tali sanzioni, tuttavia, possono essere ridotte nelle seguenti ipotesi:

  • oggettive incertezze giurisprudenziali sull’obbligo contributivo;
  • fatto doloso di terzi;
  • crisi, riorganizzazione o ristrutturazione dell’azienda;
  • omissioni nell’ambito di enti non economici, enti non aventi fini di lucro.

Nello specifico, la sanzione viene ridotta:

  • agli interessi legali, se la condotta del richiedente è ritenuta corretta;
  • agli interessi legati aumentati del 50%, qualora si accerti che la condotta non sia stata costantemente corretta.

Le sanzioni penali

Il datore di lavoro che non versa i contributi rischia sanzioni penali se compie reato di omesso versamento.

La pena varia a seconda dell’importo dell’omesso pagamento. In particolare:

  • se la cifra è superiore a 10 mila euro annui, è prevista la reclusione fino a 3 anni e la multa fino a 1.032 euro;
  • viene, invece, irrogata una sanzione amministrativa compresa tra i 10 mila e i 50 mila euro se l’importo è uguale o inferiore a 10 mila euro.

Se hai dubbi o vuoi porre una domanda di carattere previdenziale, fiscale e legge 104, invia qui il tuo quesito.

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