Le opportunità di pensionamento differiscono in base all’età anagrafica del lavoratore che decide di lasciare il mondo del lavoro.
Scopriamo come andare in pensione nel 2023 approfondendo i diversi scivoli del sistema pensionistico italiano.
Riuscirò ad andare in pensione nel corso del 2023? Tanti lavoratori si pongono questa domanda nella speranza che esista uno scivolo loro dedicato per poter lasciare il lavoro e godersi il meritato riposo. Il sistema pensionistico italiano raccoglie varie misure che prevedono la soddisfazione di specifici requisiti anagrafici e/o contributivi. La maggior parte delle formule si rivolge ad una platea ristretta di beneficiari. Manca quello scivolo flessibile che non penalizzi i lavoratori che desiderano andare in pensione prima dei 67 anni. La Legge di Bilancio 2023 ha introdotto una nuova Quota ma la speranza è che la Riforma delle Pensioni modifichi il sistema rendendolo più vantaggioso per i cittadini, tutti i cittadini, non solo parte di essi.
I soldi per questa riforma non dovrebbero mancare ora che si recupereranno 30 miliardi di euro dal blocco della cessione del credito e dello sconto in fattura dei Bonus edilizi. Saranno ben spesi? Per ora scopriamo le opportunità di pensionamento nel 2023.
La via principale è la pensione di vecchiaia che consente l’uscita dal mondo del lavoro al compimento dei 67 anni di età con venti anni di contributi maturati. Il limite contributivo può essere raggiunto anche con
In alternativa è prevista una pensione di vecchiaia contributiva che permette il pensionamento con cinque anni di contributi maturati (non precedenti al 1996) una volta raggiunti i 71 anni di età. Il sistema di calcolo della pensione sarà quello contributivo.
Una prima opportunità di pensionamento anticipato nel 2023 è la pensione anticipata ordinaria. Consente di lasciare il lavoro con 42 anni e dieci mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e dieci mesi per le donne. La finestra mobile è di tre mesi tra la maturazione del requisito contributivo e la decorrenza del primo rateo pensionistico.
Passiamo all’APE Sociale, un’indennità erogata ai lavoratori fino al raggiungimento dei requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia. Si raggiunge a 63 anni di età con 30 anni di contribuzione ma i destinatari sono solamente i caregiver da almeno sei mesi, gli invalidi al 74%, i disoccupati non percettori di Naspi e gli addetti alle mansioni gravose (servono 36 anni di contributi versati). L’importo massimo dell’assegno sarà di 1.500 euro e non è prevista l’erogazione della tredicesima. Raggiunta la pensione di vecchiaia si procederà con il ricalcolo dell’importo erogato.
Continuiamo con la pensione per precoci che permette alle categorie dell’APE Sociale di andare in pensione con 41 anni di contribuzione a condizione che un anno almeno sia stato maturato prima dei 19 anni di età. E non dimentichiamo, poi, Opzione Donna che nel 2023 permette di lasciare il lavoro alle lavoratrici che compiranno entro il 31 dicembre dell’anno in corso 60 anni (59 anni con un figlio e 58 anni con due figli) e avranno maturato 35 anni di contributi. La misura è riservata, però, alle disoccupate o impiegate in aziende che hanno dichiarato lo stato di crisi, alle caregiver e alle invalide al 74%.
La Legge di Bilancio 2023 ha introdotto, poi, Quota 103 che consente il pensionamento a 62 anni di età con 41 anni di contributi. Entrambi i requisiti dovranno essere raggiunti entro il 31 dicembre 2023. Ricordiamo, poi, che per la cristallizzazione del diritto potranno andare in pensione nel 2023 coloro che hanno maturato i requisiti di Quota 100 entro il 31 dicembre 2021 e Quota 102 entro il 31 dicembre 2022.
Citiamo, infine, l’isopensione utilizzabile nelle grandi aziende che desiderano anticipare la pensione per alcuni dipendenti (coloro che raggiungeranno la pensione di vecchiaia nei sette anni successivi).
Come detto in precedenza, raggiunti i 67 anni di età e i venti di contribuzione è possibile accedere alla pensione di vecchiaia. Purtroppo non sarà così per tutti i lavoratori. Possono dormire sonni tranquilli i cittadini che rientrano nel cosiddetto sistema di calcolo misto. Il riferimento è a coloro che hanno versato contributi prima del 1° gennaio 1996 e che possono contare su un calcolo retributivo per una parte della contribuzione maturata (quella versata entro il 31 dicembre 1995). Se il primo contributo è successivo al 1995, invece, si deve tener conto del vincolo dell’importo della pensione.
I contributivi puri, dunque, hanno una condizione da rispettare per andare in pensione. L’assegno pensionistico dovrà essere pari o superiore a 1,5 volte l’assegno sociale. Essendo nel 2023 di 503,27 euro, significa che la pensione dovrà essere almeno di 754,905 euro.
Se così non fosse sarebbe necessario attendere i 71 anni per il pensionamento oppure ripiegare sull’assegno sociale stesso (redditi permettendo) o verificare di non avere contributi figurativi da sfruttare per risultare nel sistema misto.
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