I dipendenti pubblici possono restare in servizio anche se possiedono l’età per la pensione di vecchiaia. Ma solo in alcuni casi.
Il trattenimento in servizio è un istituto attraverso il quale i dipendenti pubblici possono continuare a lavorare anche dopo il raggiungimento dell’età pensionabile.
La condizione essenziale è non aver maturato il requisito contributivo per la pensione di vecchiaia, ossia 20 anni.
L’istituto, però, è stato modificato e, attualmente, è possibile accedervi solo se ricorrono delle specifiche condizioni. Analizziamo la disciplina normativa nel dettaglio e vediamo quando è ancora utilizzabile.
Per i dipendenti pubblici vige la regola del cd. pensionamento d’ufficio. Una volta raggiunti i presupposti per la pensione di vecchiaia, infatti, non è possibile la proseguire il rapporto lavorativo, tranne nel caso del trattenimento in servizio.
In passato, invece, potevano scegliere se continuare a lavorare anche oltre tale limite. Tale possibilità è stata abolita dal D.l. n. 90/2014.
Attualmente, quindi, i lavoratori pubblici sono obbligati a smettere di lavorare a 67 anni, senza poter richiedere la conservazione del rapporto lavorativo.
C’è, però, un’ipotesi in cui la Pubblica Amministrazione deve accordare la prosecuzione in servizio anche a chi ha raggiunto tale soglia anagrafica. Scopriamo quando, analizzando una richiesta di chiarimento giunta in Redazione.
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Un Lettore ha inviato il seguente quesito:
“Buongiorno, se un dipendente pubblico ha raggiunto i requisiti della pensione anticipata ordinaria (42 anni e 10 mesi), avendo 62 anni di età, può scegliere di rimanere in servizio fino al compimento dei 65 anni? Tale requisito si cristallizza anche se dovessero cambiare le norme pensionistiche? Grazie mille.”
Come abbiamo accennato, a partire dal 1° novembre 2014, ai dipendenti pubblici non è più consentito continuare a lavorare dopo il raggiungimento dell’età pensionabile (67 anni).
In seguito a delle pronunce della Corte Costituzionale, tuttavia, è stata introdotta un’eccezione a tale principio. Le sentenze n. 282/1991 e n. 22/2013 hanno stabilito che il dipendente può proseguire il rapporto di lavoro se, a 67 anni, non ha 20 anni di contribuzione. Può, però, chiedere il trattenimento in servizio solo se, entro il compimento dei 71 anni di età, raggiunge tale l’anzianità contributiva.
Di conseguenza, se entro il 71° anno di età il lavoratore matura i 20 anni di contribuzione, la Pubblica Amministrazione deve accogliere l’istanza di trattenimento in servizio.
Ad esclusione di quest’ultima ipotesi, facciamo presente al nostro Lettore che, per effetto della risoluzione unilaterale facoltativa, i dipendenti pubblici soggiacciono alla pensione d’ufficio a 65 anni, nel caso di maturazione dei requisiti per qualsiasi pensione (ad eccezione di Quota 100 e Quota 102).
Il Lettore ha maturato 42 anni e 10 mesi di contributi, utili per la pensione anticipata ordinaria, e, dunque, dovrà smettere di lavorare a 65 anni. Poiché possiede già i presupposti contributivi per la pensione di vecchiaia, non può richiedere il trattenimento in servizio.
Consulta anche il seguente articolo: “Pensione di inabilità per dipendenti pubblici: senza il requisito dell’età e un minimo di contributi“.
Uno dei dubbi più frequenti riguarda la natura dei contributi che devono essere considerati per il raggiungimento dei 20 anni minimi. Vale, dunque, tutta la contribuzione posseduta (a prescindere dalla Gestione) oppure solo quella presente nella Gestione pubblicistica? Al riguardo, la Circolare n. 2/2015 della Funzione Pubblica sottolinea che opera il cumulo dei periodi assicurativi.
Prima di concedere il trattenimento in servizio, quindi, la Pubblica Amministrazione è tenuta ad accertare che il richiedente non può raggiungere i 20 anni di anzianità contributiva minima neanche tramite la somma dei versamenti accreditati presso Gestioni previdenziali differenti.
Se, per esempio, il dipendente dovesse avere 18 anni di contribuzione ma ulteriori 5 anni nella Gestione separata, non potrà chiedere di rimanere in servizio. Sommando i versamenti, infatti, raggiungerebbe 23 anni di contribuzione, utili per la pensione di vecchiaia.
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