I cd. buchi contributivi potrebbero gravemente ostacolare il diritto alla pensione. La soluzione a tale problema sono i versamenti volontari.
Alcuni periodi lavorativi potrebbero non essere coperti dai versamenti previdenziali, a causa di sospensioni o interruzioni dell’attività.
Per colmare tali mancanze, il Dlgs 184/1997 consente di ricorrere ai contributi volontari ed evitare, così, conseguenze deleterie sulla pensione.
L’operazione, però, ha dei costi. La somma da pagare è determinata dalla retribuzione ricevuta nelle 52 settimane antecedenti la richiesta e dal numero di settimane che si vogliono “recuperare”. Analizziamo, dunque, la normativa e scopriamo le condizioni per fruire di tale strumento.
In Redazione è giunto il seguente quesito:
“Buongiorno, sono un subagente assicurativo quadro E. Tutto il mio fatturato non copre più il versamento annuale all’INPS. Al 31.12.22 avevo 1980 settimane versate. Durante il Covid, su indicazione del mio commercialista, ho versato solo 7 mesi su 12; inoltre, ho alcuni periodi in cui mancano i versamenti, perché mi sono licenziato, per, poi, essere riassunto subito. Non posso riscattare la laurea perché il tale periodo lavoravo. Qual è la soluzione migliore, considerando che a maggio compirò 61 anni. Grazie.”
Chiariamo, innanzitutto, al Lettore che può ricorrere al versamento dei contributi volontari per riempire i buchi contributivi causati dalla sospensione o dall’interruzione dell’attività lavorativa durante la pandemia ed il lockdown.
Il vantaggio principale di tale opportunità risiede nell’evitare di non maturare in tempo di presupposti legali per la pensione oppure che l’importo della prestazione possa subire importanti riduzioni.
In tal senso, i versamenti volontari sono un’ottima strada per non incorrere in spiacevoli sorprese nel momento in cui si desidera smettere di lavorare. Ma è sempre possibile il pagamento e, soprattutto, è davvero conveniente per coloro che non lavorano?
Consulta anche il seguente articolo: “Contributi volontari per la pensione, dal calcolo ai versamenti: attenzione alle scadenze!”
Possono presentare richiesta all’INPS di autorizzazione al versamento dei contributi volontari i lavoratori che:
Si tratta, come già accennato, di un’operazione a titolo oneroso, con costi a carico del richiedente.
Il Dlgs 184/1997 stabilisce che tutti gli aderenti ad uno dei Fondi previdenziali pubblici obbligatori possono richiedere tali versamenti.
Per l’autorizzazione da parte dell’INPS, tuttavia, è necessario possedere almeno uno di tali requisiti:
È necessaria, inoltre, per tutti gli interessati, la cessazione o l’interruzione del rapporto di lavoro dal quale deriva l’obbligo assicurativo. Se, infatti, il richiedente svolge un’attività come dipendente, autonomo, libero professionista o parasubordinato, non può procedere anche con i versamenti volontari.
Non possono essere autorizzati, invece, coloro che sono già titolari di una pensione diretta.
Potrebbe interessarti anche il seguente articolo: “Pensione anticipata e contributi volontari, la compatibilità non è scontata“.
L’INPS specifica, ogni anno, la cifra minima da pagare per i versamenti volontari.
In conclusione, specifichiamo al nostro gentile Lettore che la contribuzione volontaria è una valida soluzione, in caso di attività lavorativa sospesa o interrotta a causa del Covid e del lockdown. Bisogna, però, anche in tale ipotesi, rispettare tutti i requisiti di accesso che abbiamo elencato.
I costi, inoltre, potrebbero essere eccessivi per coloro che hanno perso il lavoro, anche perché i pagamenti devono essere effettuati entro le scadenze trimestrali fissate dall’INPS. Le somme pagate successivamente, infatti, vengono considerate nulle.
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