Per evitare il licenziamento, è necessario che il lavoratore non superi la durata massima della malattia stabilita dalla legge. Si può prolungare tale periodo?
La legge e i contratti collettivi stabiliscono un lasso di tempo massimo per la malattia, superato il quale si rischia di essere licenziati.
Ci sono, tuttavia, dei metodi per prolungare l’assenza per malattia e, allo stesso tempo, preservare il posto di lavoro, in presenza di comprovati motivi accertati dal medico curante o da quello dell’INPS.
Con la Riforma della visita fiscale, però, il medico dell’INPS può passare a visitare il paziente anche più volte durante lo stesso periodo di malattia, indipendentemente dal fatto che sia stata accordata una proroga della data di guarigione o dichiarata una ricaduta.
Analizziamo, dunque, la normativa e scopriamo in che modo si può prorogare l’assenza dal lavoro.
Un nostro Lettore ha inviato il seguente quesito:
“Salve, il medico che effettua la visita fiscale, nel caso di stazionaria situazione del malato o di peggioramento, può rilasciare un certificato per prolungare la malattia? Grazie mille.”
Per rispondere al Lettore, dobbiamo chiarire che sono varie le situazioni in cui il medico può disporre la variazione della data di rientro al lavoro.
Innanzitutto, il paziente può non essere guarito nei tempi indicati nel certificato rilasciato. In tal caso, dovrà sottoporsi a nuova visita ed ottenere il cd. certificato di continuazione della malattia.
Anche il medico dell’INPS, dopo la visita fiscale, potrebbe prolungare la data di fine prognosi.
Se, invece, il lavoratore è tornato al lavoro perché guarito, ma ha avuto una ricaduta, deve richiedere una visita col medico curante e il rilascio di un nuovo certificato, entro 30 giorni dal precedente periodo di malattia. In tal caso, l’assenza verrà valutata come una continuazione della stessa.
Non perdere il seguente approfondimento: “Visita fiscale: sveliamo i ‘segreti’ del periodo di malattia e di comporto“.
In ogni caso, il dipendente non deve superare il cd. periodo di comporto. Si tratta del periodo massimo, fissato dalla legge e dai contratti collettivi, entro il quale è possibile usufruire della malattia senza rischiare di essere licenziati.
Tale lasso di tempo non è lo stesso per tutti i lavoratori, ma varia in base alla tipologia del contratto (a termine o a tempo indeterminato), all’inquadramento, all’anzianità e alla contrattazione collettiva di riferimento.
Superato tale periodo, il datore è legittimato a licenziare chi non ritorna a lavorare.
Ci sono, tuttavia, dei modi per assicurare la salvaguardia dell’attività lavorativa.
I contratti collettivi stabiliscono che, nell’ipotesi di assenza causata da infortunio o malattia, “il diritto alla conservazione del posto spetti fino alla guarigione clinica e, comunque, non oltre un periodo di 18 mesi”.
Per capire se il periodo di comporto è stato superato, bisogna:
Chiariamo che non tutti i giorni di malattia vendono conteggiati. Se, infatti, l’assenza dal lavoro è dovuta ad un comportamento illegittimo del datore (per esempio, mobbing o demansionamento), i periodi non rientrano nel calcolo del comporto.
Sono escluse anche le patologie derivanti dalla gravidanza, e gli infortuni cagionati dal datore di lavoro.
Solo per i dipendenti pubblici, invece, non rientrano i giorni di assenza per patologie gravi che necessitano di terapie salvavita, come l’emodialisi o la chemioterapia. In particolare, i giorni:
L’esenzione dal conteggio dei giorni di comporto deve essere sempre documentata dall’ASL competente.
Leggi anche il seguente articolo: “Visita fiscale: cosa fare in caso di assenza e non rischiare il posto di lavoro“.
Segnaliamo al nostro Lettore che il periodo di malattia può essere sospeso anche tramite il godimento delle ferie.
Il datore, tuttavia, non ha l’obbligo di accordare le ferie, nonostante il pericolo di licenziamento.
Alcuni contratti collettivi, infine, consentono di richiedere un’aspettativa non retribuita. Anche il tal caso, però, il datore non ha l’obbligo di concederla.
Solo per i dipendenti pubblici, dopo i 18 mesi di comporto, si possono chiedere, presentando specifica richiesta, ulteriori 18 mesi di assenza. L’approvazione di tale periodo, però, è subordinata al ricorrere di situazioni particolarmente gravi, accertate dalla Commissione ASL competente.
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