Andare in pensione prima del raggiungimento della pensione di vecchiaia significa perdere una somma sull’assegno pensionistico. Quantifichiamola.
Scegliere di non aspettare i 67 anni per il pensionamento significa ottenere un cedolino con un importo inferiore.
La questione “pensioni” comporta spesso malumori tra i lavoratori. Sia per la mancanza di uno scivolo pensionistico flessibile, strutturale e conveniente sia per gli importi degli assegni sempre più bassi. La paura per il futuro emerge maggiormente tra i giovani che vedono l’utilizzo del sistema di calcolo puramente contributivo come penalizzante (e hanno ragione). Dando uno sguardo in avanti si intravedono unicamente pensioni che a malapena consentiranno di vivere con dignità dopo una vita passata a lavorare.
Tornando al presente, tanti lavoratori sognano il momento di pensionamento anticipato ma sono bloccati dall’idea di perdere molti soldi. Una lettrice chiede “Ad agosto compirò 65 anni. Se faccio domanda di pensione per uscire ad agosto 2024 a 66 anni con 37 anni di contributi quanto perdo rispetto all’uscita con 67 anni di età e 38 di contributi? Sono una docente di scuola media“. Cerchiamo di quantificare la perdita.
La pensione di vecchiaia si raggiunge al compimento dei 67 anni di età e avendo maturato almeno venti anni di contribuzione. Non volendo attendere, è possibile approfittare di alcuni scivoli che consentono di anticipare il pensionamento. Parliamo, per l’anno in corso, di Quota 103, ad esempio. Consente l’uscita dal mondo del lavoro con 62 anni di età e 41 di contributi. Non è, dunque, la formula giusta per la nostra lettrice.
La pensione anticipata ordinaria, invece, richiede 41 anni e dieci mesi di contributi per le donne (uno in più per gli uomini). Anche in questo caso l’insegnante che ha formulato il quesito non rientra tra i beneficiari.
Con 66 anni di età è possibile (anzi già dai 64 anni) è possibile lasciare il lavoro ma solo a condizione che non si possiedano contributi al 31 dicembre 1995 rientrando nel calcolo contributivo. La lettrice avendo 38 anni di contribuzione accumulata nel 2025 avrà sicuramente iniziato a lavorare prima di questa data.
Analizzando gli attuali scivoli e ipotizzando che l’insegnante non sia invalida al 74%, caregiver o disoccupata (Opzione Donna) gli anni di contribuzione non sono sufficienti per un pensionamento anticipato.
L’uscita anticipata dal mondo del lavoro ha un costo. Il lavoratore deve scegliere tra rinunciare ad una parte della pensione o continuare l’attività fino ai 67 anni (71 se si hanno pochi anni di contribuzione).
A far diminuire l’importo dell’assegno sono proprio gli anni di contributi non accumulati. Soprattutto per chi rientra nel sistema di calcolo puramente contributivo avere 35 o 41 anni di contribuzione è un dettaglio significativo. Confrontando i sistemi di calcolo – retributivo, misto e contributivo – si evince subito, quindi, come uscire prima dal lavoro costerà meno a chi rientra nel sistema retributivo.
Questo meccanismo viene utilizzato
Parliamo di un sistema che tra qualche anno sparirà. Prevede il conteggio di due quote, A e B, rispettivamente per le anzianità maturate prima e dopo il 31 dicembre 1992. Tenendo conto degli ultimi anni di contribuzione il calcolo sarà più vantaggioso.
Il sistema puramente contributivo calcola i contributi maturati dal 1° gennaio 1996 tenendo conto del montante contributivo (la somma dei contributi maturati annualmente con riferimento all’aliquota del 33% per i dipendenti e del 25% per gli autonomi) e del coefficiente di trasformazione (varia in base all’età del lavoratore).
Contributi ed età incideranno sull’importo finale dell’assegno pensionistico. Più si attende per il pensionamento più contributi si matureranno e maggiore sarà la somma sul cedolino.
Il terzo è ultimo sistema è quello misto che prevede il calcolo retributivo per i contributi maturati entro il 31 dicembre 1995 e il calcolo contributivo per la contribuzione dal 1° gennaio 1996. Chiedendo prima il pensionamento, otterranno maggiori svantaggi coloro che hanno maturato più contributi dal 1996 rispetto agli anni precedenti.
Procediamo con un esempio per quantificare il valore di un anno di contributi. Poniamo il caso di un dipendente con retribuzione media di 25 mila euro lordi e 26 anni di contributi maturati dopo il 1996. Il conteggio tiene conto
Proviamo, ora, con un anno di contribuzione e un’anno di età in più.
Nel nostro esempio, dunque, il valore di un anno di contributi corrisponde a 34 euro lordi.
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