Il datore di lavoro è tenuto al rimborso della spesa per l’acquisto degli occhiali di un dipendente. Scopriamo in quali casi.
I lavoratori che passano ore davanti ad un terminale possono avere conseguenze sulla vista. Chi paga gli occhiali nuovi?
Viviamo nell’era tecnologica e il computer è diventato lo strumento di lavoro per tantissime persone. La digitalizzazione è uno degli obiettivi della Pubblica amministrazione ma anche delle aziende private. L’uso dei terminali semplifica le operazioni, infatti, e le velocizza consentendo una produzione lavorativa maggiore. Ma per i lavoratori significa passare ore e ore davanti ad uno schermo nel corso della giornata. La luce artificiale provoca stanchezza agli occhi – rossore, bruciore, prurito, lacrimazione – mentre la postura comporta mal di schiena per il sovraccarico della colonna vertebrale nonché mal di testa per l’appesantimento agli occhi.
Succede sempre più spesso, dunque, che la vista dei videoterminalisti peggiori nel tempo. Questi lavoratori si trovano costretti a comprare un nuovo paio di occhiali graduati affrontando una spesa non indifferente. La domanda è se sia possibile chiedere il rimborso del costo al datore di lavoro. La risposta la fornisce l’INAIL nella circolare numero 11 del 2023 nonché la Corte di Giustizia UE con una sentenza del 22 dicembre 2022.
Un lettore chiede “Posso chiedere al datore di lavoro il costo degli occhiali? Lavoro al terminale circa otto ore e la mia vista è peggiorata molto“. La Legge parla chiaro (Dlgs 81/2008, articolo 176). I lavoratori che usano sistematicamente o in modo abituale le attrezzature munite di videoterminali per un minimo di venti ore settimanali – deducendo le pause – sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria da parte di un medico competente. Quest’ultimo dovrà, nello specifico, tenere sotto controllo la vista e i rischi per gli occhi così come per l’apparato muscolo scheletrico.
Nella citata circolare dell’INAIL, però, l’ente sottolinea come l’uso dei videoterminali non abbia come conseguenza rischi per la salute visiva dell’operatore. L’astenopia, infatti, risulta essere un disturbo transitorio e reversibile. Per capire se e quando spetta il rimborso, dunque, occorre procedere con una distinzione tra occhiali da vista e dispositivi speciali di correzione visiva.
L’articolo 176 comma 6 obbliga i datori di lavoro a fornire a proprie spese i Dscv, dispositivi speciali di correzione visiva, ai lavoratori qualora l’esito delle visite ne evidenzi la necessità di utilizzo confermando l’impossibilità di usare i normali dispositivi di correzione.
I Dscv sono dispositivi volti a correggere e prevenire i disturbi visivi che potrebbero insorgere a causa di un’attività lavorativa che prevede un uso dei terminali per più di venti ore a settimana. I semplici occhiali da vista non sono dispositivi di protezione individuale e nemmeno dispositivi speciali di correzione visiva.
Significa che un’eventuale prescrizione di lenti il cui compito è correggere un difetto visivo (astigmatismo, miopia, presbiopia) del dipendente non determina la possibilità di richiesta di un rimborso al datore di lavoro da parte del lavoratore. I Dsvc, invece, devono essere forniti a spese del datore nel momento in cui la visita medichi ne attesti l’utilità e la necessità e contemporaneamente accerti l’impossibilità di uso dei normali occhiali da vista.
I dispositivi speciali di correzione visiva sono delle lenti che si possono applicare al videoterminale. Sono chiamati occhiali “office” ma includono anche
La prescrizione di uno di questi dispositivi deve essere effettuata da un medico competente previa visiva di controllo al lavoratore e valutazione della tipologia di attività lavorativa. Significa che per i dipendenti che passano molte ore davanti al computer per lavoro è fondamentale sottoporsi alla sorveglianza sanitaria in modo tale da tenere sotto controllo i rischi per la vista e l’eventuale necessità di utilizzo dei dispositivi speciali di correzione visiva.
In generale, la sorveglianza sanitaria può essere effettuata
Il nostro lettore deve ricordare che i normali occhiali da vista non sono rimborsabili. Il datore pagherà solamente per i dispositivi speciali di correzione visiva dopo che un medico ne attesterà la necessità di utilizzo. La documentazione dell’oculista potrà essere presentata al datore di lavoro che, in questo caso, sarà obbligato a fornire i dispositivi. L’INAIL procederà, poi, con un rimborso per un massimo di 150 euro.
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