L’importo della pensione si può calcolare conoscendo i dettagli dei tre sistemi di conteggio attualmente presenti in Italia.
Sistema retributivo, misto e contributivo. Come incidono sull’importo dell’assegno pensionistico?
Sapere quanto si prenderà di pensione è un pensiero che i lavoratori cominciano a vedere come un incubo man mano che si avvicina l’età del pensionamento. Il conteggio dipenderà da diversi fattori che variano in base al sistema di calcolo utilizzato. In generale, ad incidere principalmente sull’importo finale sono gli anni di contributi e l’età del lavoratore al momento dell’uscita dal mondo del lavoro.
Più si tarda il pensionamento, più contributi ai accumuleranno e maggiore sarà l’assegno pensionistico che si percepirà. La misura strutturale che dovrebbe essere l’obiettivo da raggiungere è la pensione di vecchiaia. Aspettare i 67 anni di età, però, non è auspicabile per tanti lavoratori che desiderano lasciare prima il lavoro. Ecco che si ripiega su forme di pensionamento anticipato come Quota 103, l’APE Sociale, Opzione Donna, la pensione per precoci. Alcuni scivoli sono più vantaggiosi, altri restrittivi e poco convenienti ma la decisione finale spetta unicamente al lavoratore.
Prima di compiere una scelta, però, è consigliabile cercare di capire come calcolare la pensione in modo tale da trovare il momento più favorevole per uscire dal mondo del lavoro.
I sistemi di calcolo previsti dall’INPS sono retributivo, contributivo e misto. Il primo si basa sulle settimane contributive di uno specifico periodo di riferimento e sulle ultime retribuzioni. Il secondo – quello più svantaggioso – prende come riferimento gli anni di contribuzione e l’età del lavoratore. Il terzo unisce i primi due combinandoli.
Nello specifico utilizzeranno
– i lavoratori con minimo diciotto anni di contributi maturati al 31 dicembre 1995 per i contributi fino al 31 dicembre 2011,
– i lavoratori con tutti i contributi maturati al 31 dicembre 1995
Questo sistema prevede il calcolo di due quote, A e B. La prima quota riguarda la retribuzione media settimanale degli ultimi cinque anni di stipendio (260 settimane) con rivalutazione dell’indice FOI. Andrà moltiplicata per il numero di settimane di contributi al 31 dicembre 1992 e al risultato occorrerà applicare il coefficiente di rendimento del 2% fino al limite massimo di retribuzione annua.
La quota B si calcola sull’anzianità contributiva dal 1° gennaio 1993 considerando la media degli ultimi dieci anni di stipendio (parliamo sempre dei dipendenti).
Poniamo il caso di una retribuzione valutata di 22.000 euro. Con sistema retributivo si otterrà l’80% dell’ultimo stipendio percepito. Su un ultimo reddito di 22 mila euro si otterrà, dunque, 17.600 euro di pensione (annui).
Il sistema contributivo è più elaborato. Occorrerà tener conto del montante contributivo ossia della somma di tutti i contributi versati all’INPS rivalutati secondo i dati ISTAT (indice basato sulle variazioni quinquennali del PIL) e del coefficiente di trasformazione. Questo dipende dall’età del lavoratore. Nel 2023, ad esempio, il coefficiente sarà pari al 5,72% per chi ha 67 anni e al 4,615% per chi ha 60 anni al momento del pensionamento.
Con lo stesso importo del caso precedente, 22 mila euro di ultimo reddito, la pensione sarà non più di 17.600 euro circa a parità di età ma di 12.540 euro (rapporto pensione/reddito del 57%).
Il sistema misto unisce i precedenti sistemi e presenta un rapporto pensione/reddito del 60%. Significa che l’importo della pensione sarà determinato dalla somma del valore ottenuto impiegando ciascuno degli altri sistemi per i periodi di riferimento (retributivo fino al 31 dicembre 1995, contributivo dal 1° gennaio 1996).
Partendo dall’ultimo reddito di 22 mila euro e a parità di età con i casi precedenti, la pensione annua stimata sarà di 13.200 euro.
Gli esempi confermano come il calcolo contributivo sia realmente più svantaggioso rispetto al sistema retributivo o misto. I giovani sono molto preoccupati perché temono – giustamente – di non poter avere una vita dignitosa dopo il pensionamento. Il sistema retributivo piano piano sparirà così come quello misto rimanendo a disposizione solo quello contributivo.
La previdenza complementare potrebbe essere una soluzione al problema anche se comporterebbe oggi una spesa mensile per poter versare importi vari in un Fondo pensione. Avrebbe, però, l’obiettivo di ottenere una rendita aggiuntiva alla pensione quando sarà il momento di lasciare il lavoro.
Naturalmente i calcoli presentati sono puramente indicativi. Per avere un conteggio più preciso e specifico del proprio caso consigliamo di utilizzare il simulatore dell’importo della pensione presente sul portale dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale.
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