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Alzheimer, negli occhi i primi “sintomi”: a cosa prestare la massima attenzione

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L’Alzheimer è una malattia di cui tutti hanno sentito parlare, ma forse non è noto che la spia dei primi “sintomi” potrebbe trovarsi negli occhi: ecco cosa c’è da sapere a riguardo

Uno studio recente avrebbe portato alla luce il fatto che i primi segnali relativi all’Alzheimer potrebbero presentarsi sulla retina, tale scoperta risulterebbe fondamentale soprattutto per i futuri soggetti affetti da tale patologia.

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A quanto pare, secondo una recente ricerca, la prima spia dell’Alzheimer si troverebbe sulla retina. Gli occhi, infatti, possono essere una finestra sul cervello umano per capirne la salute.

Lo studio in questione si è posto l’obiettivo di capire come gli occhi possano aiutare a fare una diagnosi di Alzheimer prima che cominci la sintomatologia. Questo perché, tale patologia, comincia a farsi strada molto prima che si presentino i sintomi come la perdita della memoria.

Se gli specialisti riuscissero a capire la patologia quando questa si presenta, allora i soggetti affetti potrebbero cambiare il proprio stile di vita. Ma non solo, vi potrebbe essere la possibilità di mutare i fattori di rischio, tra questi vi è diabete e pressione alta.

Per comprendere quanto prima è possibile captare il declino cognitivo, gli studiosi hanno preso in esame del tessuto sia di retina che del cervello di ottantasei soggetti. Questi avevano diversi livelli di declino cognitivo.

Gli studiosi hanno notato che il cambiamento della retina è correlato al mutamento della corteccia entorinale e temporale.

Alzheimer e occhi: cosa ci dice lo studio?

A proposito di Alzheimer, a quanto pare un team di scienziati avrebbe individuato un esame poco complesso per diagnosticare la malattia e basterebbe un semplice prelievo di sangue: ecco cosa c’è da sapere a riguardo.

Ritornando all’argomento cardine di questo articolo, gli scienziati, come anticipato, hanno analizzato il tessuto della retina e del cervello di ben ottantasei soggetti affetti da Alzheimer e da lieve indebolimento cognitivo. Gli studi sono stati condotti per quattordici anni.

Gli studiosi hanno messo a confronto i tessuti dei donatori con funzioni cognitive normali e quelli con decadimento lieve e poi con quelli affetti dalla patologia in questione in stadio avanzato.

La ricerca è stata resa nota un paio di mesi fa su Acta Neuropathologica ed ha spiegato che vi è un aumento della beta-amiloide nei soggetti affetti dalla patologia ed in quelli con declino cognitivo precoce.

Le cellule microgliali appaiono minori dell’ottanta per cento nei soggetti affetti da problematiche cognitive. Tali cellule hanno il ruolo di riparare e mantenere altre cellule, tra queste vi è quella del beta-amiloide relative al cervello ed anche alla retina.

Il responso finale è stato evidente anche nei soggetti con una sintomatologia lieve oppure senza sintomi. Ciò significa che appositi accertamenti medici potrebbero essere utili per fare diagnosi prima dell’insorgenza dei sintomi.

Le informazioni presenti in questo articolo hanno esclusivamente scopo divulgativo e riguardano studi scientifici o pubblicazioni su riviste mediche. Pertanto, non sostituiscono il consulto del medico o dello specialista, e non devono essere considerate per formulare trattamenti o diagnosi.

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