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Che motore monta la Red Bull di F1? Le cose cambieranno presto

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La Red Bull monta attualmente le power unit della Honda, ma presto ci sarà una separazione. Ecco la situazione attuale.

La F1 odierna è dominata dalla Red Bull, che deve gran parte del suo dominio alla genialità di Adrian Newey e ad un reparto tecnico che non ha eguali, ma anche all’ottima power unit Honda che monta ormai da diversi anni. Il team di Milton Keynes è al top in ogni singolo dettaglio, e c’è da dire che i risultati si vedono.

Red Bull RB19 con Verstappen a Melbourne (ANSA)

La RB19 del 2023 è il logico sviluppo della monoposto che ha dominato la seconda metà della passata stagione, che non diede scampo ai rivali grazie anche ad un Max Verstappen strabiliante ogni volta in cui andava in pista. Il talento del figlio di Jos, abbinato ad una macchina e ad una squadra di questo tipo, non permette agli altri di avvicinarsi e di competere.

La Red Bull ha dunque svolto un lavoro eccellente in ogni ambito, ma come detto, anche la power unit giapponese ha avuto la sua fondamentale importanza. Nelle prossime righe, la andremo ad analizzare, raccontandovi anche la sua storia e di come abbia ribaltato le sorti di un team che era in grossa crisi sino a pochi anni fa.

Red Bull, ecco la power unit della Honda

La Red Bull RB19 monta una power unit Honda, nome di progetto RBPTH001, da 1.6 cc di cilindrata, V6 a 90° turbo ibrido. Posto in posizione centrale, si tratta del miglior motore dell’intera griglia, e pensare che uno dei suoi grandi segreti è la posizione ed il modo di lavorare della MGU-H, che ai tempi della McLaren aveva fatto soffrire e non poco la casa di Sakura.

La potenza di questa power unit, nel complesso, ha superato i 1040 cavalli, anche se le squadre non rivelano i dati esatti per ovvi motivi. L’alimentazione è ad iniezione diretta con turbocompressore, con accensione elettronica di fabbrica Honda ed una distribuzione a Bialbero a 4 valvole per cilindro con punterie idrauliche. Anche l’impianto elettrico viene prodotto dai giapponesi, che hanno dovuto faticare e non poco prima di poter dire di avercela fatta.

L’avventura del marchio nipponico nella F1 moderna inizia nel 2015, quando rinasce la partnership con la McLaren, nel tentativo di tornare ai fasti degli anni Ottanta e Novanta, quando Ayrton Senna ed Alain Prost dominarono la scena. Per farcela fu ingaggiato Fernando Alonso, che venne messo al fianco di Jenson Button, ma i risultati furono da incubo.

Dopo tre anni di sofferenze, la McLaren chiuse tutti i rapporti, ed a puntare sulla Honda fu la Red Bull, che sin dal 2019 monta questa power unit. Una volta trovato un motore competitivo, per la concorrenza non c’è stato più nulla da fare, e siamo sicuri che se il team di Milton Keynes avesse avuto una power unit di livello anche durante il dominio Mercedes le cose sarebbero andate in modo molto diverso.

La squadra diretta da Christian Horner ha così iniziato un’epoca d’oro, che sembra destinata a proseguire sino al termine del 2025, con un Max Verstappen in formato stellare. Da quel momento in poi, le cose potrebbero cambiare, ma c’è ancora tempo per godersi i successi che stanno arrivando in questi anni.

Il futuro è marchiato Ford per i motori

La Red Bull ha annunciato, tra fine gennaio ed inizio febbraio, un radicale cambiamento per il 2026, quando debutteranno le nuove power unit, in cui sarà rimossa la MGU-H e sarà data più importanza alla parte elettrica. Secondo le ultime indiscrezioni, la Honda potrebbe addirittura unirsi all’Aston Martin, che andrebbe ad abbandonare i motori Mercedes.

Tornando al team di Milton Keynes, è stato messo nero su bianco l’accordo con la Ford, che tornerà così in F1 dopo oltre vent’anni. L’ultima auto a montare i motori del marchio di Detroit era stata la Jordan nel 2004 con scarsi risultati, ma va detto che questo costruttore ha vinto tantissimo nel vecchio secolo.

Va però specificato che la power unit che andrà ad equipaggiare le vetture anglo-austriache non sarà fatta direttamente dalla Ford, visto che verrà realizzata dai motoristi assunti a Milton Keynes sfruttando anche le conoscenze generate dalla partnership con la Honda. Dai tecnici del marchio americano arriverà sicuramente una mano, visto l’ottimo lavoro svolto sull’elettrico in questi anni, ma il grosso verrà fatto in Inghilterra. Il futuro ci dirà se questa scelta pagherà o meno.

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