La residenza temporanea ha una durata di dodici mesi. Scopriamo se è possibile chiedere un prolungamento quando si è in congedo straordinario.
Il congedo straordinario consente ai caregiver di assentarsi dal posto di lavoro per un periodo massimo di due anni ottenendo comunque la retribuzione.
Permessi di tre giorni e congedo straordinario sono le misure previste dalla Legge 104 dedicate ai caregiver. Parliamo delle persone che si prendono cura di un familiare con handicap e che necessitano, dunque, di aiuti per soddisfare tale impegno.
Entrambe le misure prevedono la retribuzione durante l’assenza dal posto di lavoro e richiedono che il caregiver presti assistenza al disabile per la maggior parte del tempo. Vige una differenza sostanziale, però, tra le agevolazioni. Il congedo prevede la convivenza tra chi assiste e assistito, i permessi no. Questa convivenza potrà iniziare anche dopo l’inoltro della domanda ma necessariamente entro il primo giorno di assenza dal lavoro per assistere il familiare con disabilità.
Sono concesse solo tre eccezioni alla regola. La convivenza non è richiesta se il caregiver è un genitore che assiste il figlio, se abita nello stesso palazzo dell’assistito ma in interni diversi e in caso di residenza temporanea.
Se il caregiver e l’assistito abitano in due Comuni differenti, è possibile fare richiesta di residenza temporanea piuttosto che spostare la residenza anagrafica. Si tratta di un vantaggio notevole per il lavoratore dipendente che potrà usufruire del congedo straordinario soddisfacendo l’obbligo di convivenza ma senza modificare dati a livello anagrafico (l’ISEE non terrà conto della convivenza).
C’è un problema da affrontare. Il congedo può durare fino a due anni, la residenza temporanea non più di dodici mesi. Una scadenza ben precisa che non può essere prorogata per alcun motivo. Al termine dei dodici mesi, dunque, per poter continuare a sfruttare il congedo straordinario il caregiver dovrà spostare la residenza anagrafica presso il domicilio dell’assistito. Altrimenti dovrà tornare a casa sua e richiedere unicamente i permessi di tre giorni al mese.
Nessuna proroga, dunque, è concessa con riferimento alla dimora temporanea. Ricordiamo che questa può essere utilizzata per motivi di famiglia, studio, lavoro, salute e scatta in automatico o previa richiesta trovandosi per più di quattro mesi in un Comune diverso da quello di residenza.
L’amministrazione comunale, infatti, ha l’obbligo di iscrivere provvisoriamente il cittadino nello schedario della popolazione temporanea. E la durata massima del trasferimento è di dodici mesi, non di più. Superare questo lasso temporale significa dover iscriversi all’anagrafe della popolazione residente.
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