Esiste un modo per andare in pensione 7 anni prima. Bisogna però fare attenzione ai requisiti che sono molto specifici.
La riforma delle pensioni è nel programma del governo (presente e passato) ormai da anni. Tuttavia, è stata sospesa due volte: la prima dall’emergenza Covid-19 e la seconda dalla guerra tra Russia e Ucraina.
Nel 2023 il governo Meloni ha provato a lavorarci incontrando i sindacati all’inizio dell’anno. Però, anche questa volta, a causa della crisi economica e dell’aumento dell’inflazione, la riforma ha subito una battuta di arresto. Tutto è rimandato al 2024 e sono molti i lavoratori che sperano che sia la volta buona.
I lavoratori con determinati requisiti possono andare in pensione anche in anticipo. La legge di Bilancio 2023 offre questa opportunità con Ape Sociale e Opzione Donna, due misure già presenti anche nel 2022. In realtà, Opzione Donna quest’anno ha subito delle modifiche tali da essere cambiata totalmente. Poi fino al dicembre 2023 c’è anche Quota 103.
In realtà, esiste anche un’altra misura che permette di uscire dal mondo del lavoro 7 anni prima del previsto, ovvero a 60 anni. Tale possibilità è isopensione, una misura che pochi lavoratori conoscono o chi la conosce non ha chiaro il funzionamento. Per questo motivo, solo in pochi la sfruttano.
Il decreto Milleproroghe ha confermato che si potrà usufruire di questa pensione fino al 2026. Scopriamo come funziona. L’isopensione è una misura introdotta dalla legge 92/2012 (articolo numero 4, commi 1-2), ovvero la riforma Fornero. Tale legge riconosce ai datori di lavoro, con almeno 15 lavoratori dipendenti, di utilizzare il cosiddetto scivolo aziendale. Si tratta di una misura che favorisce il ricambio generazionale in azienda: il turnover e lo svecchiamento dell’organico.
Si offre la possibilità di andare in pensione 7 anni prima ma solo per i lavoratori di determinate aziende. Inoltre, non funziona come una normale pensione, cioè non si deve presentare una domanda all’INPS. Infatti, per l’isopensione serve una procedura particolare che coinvolge il datore di lavoro ma anche i sindacati, senza tralasciare gli accordi da stipulare in sede ministeriale.
In parole povere, l’azienda deve trovare un accordo con i sindacati e si deve impegnare a versare all’INPS il corrispettivo mensile che l’istituto previdenziale verserebbe normalmente. Inoltre, il datore di lavoro deve anche versare la contribuzione previdenziale che spetta al lavoratore interessato all’isopensione. Quindi, al lavoratore in automatico sarà erogato un assegno di pensione anche se non ha richiesto il classico la classica procedura per il pensionamento. Ecco un aspetto positivo: il lavoratore non perdere nulla a livello contributivo.
L’accordo tra azienda e sindacati deve essere siglato in sede governativa e riconosciuto dall’INPS che, in questo modo, ha l’ultima parola. Anche perché sarà proprio quest’ultimo a controllare i requisiti contributivi di ogni lavoratore interessato all’isopensione.
Inoltre, poiché c’è dietro un impegno da parte dell’azienda abbastanza oneroso sono necessarie delle garanzie assicurative. Per questo, dovrà aprire una fideiussione che dovrà coprire tutte le operazioni che servono per questa misura.
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