In determinati casi bisogna versare il ticket di licenziamento. Ma in cosa consiste, per quale motivo e soprattutto quanto costa?
Molto probabilmente avete già sentito parlare del ticket di licenziamento e vorreste sapere di cosa si tratta. Ebbene, oggi cercheremo di vedere assieme in cosa consiste, perché deve essere pagato e soprattutto quanto costa.
Il lavoro nobilita l’uomo, perché permette di avere i soldi di cui abbiamo bisogno per sostenere le varie spese. Non sempre però si riesce a realizzare tale sogno. Questo perché spesso trovare un lavoro può risultare particolarmente difficile.
Una volta assunto, inoltre, vi è comunque il rischio di essere licenziato. Proprio soffermandosi su quest’ultima situazione sono in molti a voler sapere cos’è e chi deve pagare il ticket di licenziamento. Ecco quando deve essere versato.
Nel momento in cui un datore decide di licenziare dei dipendenti sarà costretto a versare all’Inps il ticket di licenziamento, meglio conosciuto come contributo NASpI. Si tratta infatti di un contributo versato dall’azienda all’istituto di previdenza nel caso in cui, in seguito all’interruzione di un contratto lavorativo, il dipendente ha diritto al riconoscimento della Naspi.
Questo a prescindere dal fatto che il lavoratore richieda effettivamente il riconoscimento di tale misura. Entrando nei dettagli l’azienda deve versare tale contributo sia che si tratti di licenziamento individuale che collettivo. Ma non solo, anche in caso di mancata trasformazione del contratto di apprendistato in contratto a tempo indeterminato.
Tale ticket non deve essere pagato, invece, in caso di risoluzione consensuale o dimissioni volontarie. Ma quanto costa il contributo Naspi e come deve essere versato? Ebbene, l’importo di tale versamento, come si evince dal sito dell’Inps, è pari al 41% del massimale mensile della Naspi, per ogni dodici mesi di anzianità. Per il 2022 il limite di tale indennità è pari a 1.360,77 euro.
Ne consegue che il contributo da versare, tramite modello F24, sarà di 557,92 euro. Nel caso in cui si tratti di lavoratori con alle spalle un’anzianità pari o superiore 36 mesi, l’importo prima citato deve essere triplicato. In presenza di un rapporto dalla durata inferiore ad un anno bisogna dividere per dodici e moltiplicare per il numero d mesi in cui si è effettivamente lavorato.
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