Continuano a far discutere i buoni fruttiferi postali emessi dopo luglio 1986. Scopriamo cosa sta succedendo.
Gli italiani amano e si fidano dei buoni fruttiferi postali perché da anni sono presenti nelle case di molti risparmiatori come regalo da parte di nonni e zie.
Sono tra gli strumenti finanziari più sicuri perché emessi da Cassa depositi e prestiti (CDP) ma distribuiti da Poste Italiane, due società garantite dallo Stato. Tuttavia, recentemente alcune serie di buoni postali sono al centro di controverse legate ai rendimenti; senza dimenticare quelle causate dai mancati rimborsi.
I buoni postali che creano maggiori controversie sono quelli della serie Q/P emessi dopo il 1° luglio 1986. La discussione nasce a causa dei rendimenti soprattutto per quanto riguarda il periodo che va dal ventesimo al trentesimo anno dall’emissione.
Si tratta di Buoni ordinari che hanno scadenza trentennale (invece degli attuali 20 anni) e con lo stesso tasso di interesse applicato dalle condizioni iniziali. Per questo motivo, i risparmiatori sono grati a Poste Italiane per non aver modificato i tassi che attualmente sono più bassi rispetto a quelli di 20/30 anni fa.
Ciò nonostante, di recente la Corte di Cassazione ha emesso quattro sentenze che vanno contro i titolari di buoni postali. Queste sentenze hanno sorpreso tanti risparmiatori che preoccupati si sono rivolti alla Federconsumatori.
Di conseguenza, per tutelare i diritti dei propri associati la Federconsumatori ha deciso di portare la questione davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo. In questo modo spera in una risposta favorevole e che rispetti i diritti dei risparmiatori.
Tuttavia, dovrà aspettare ancora un bel po’ perché la risposta, prevista per luglio 2023, è stata invece posticipata a maggio 2024.
Infine, come abbiamo scritto in un precedente articolo, molti risparmiatori sperano anche in un intervento legislativo chiaro e risoluto, ovvero in una sanatoria, che potrebbe mettere fine a tutte le controverse.
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