Come devono comportarsi i lavoratori che risultano positivi al Covid? Ci sono degli accorgimenti per tutelare la sicurezza del luogo di lavoro.
Quando, ormai, sembrava che la pandemia fosse un nemico del tutto sconfitto, il dibattito sul Covid è tornato alla ribalta.
La nuova variante Eris sta scatenando il panico tra la popolazione globale, a causa dell’immediato aumento dei contagi.
Poiché le restrizioni adottate negli ultimi tre anni sono state abolite, sorge il dubbio di quali comportamenti adottare per tutelare chi ci sta intorno, soprattutto sul luogo di lavoro.
Cosa succede se un dipendente scopre di essere positivo al Covid? Quali regole devono essere seguite per evitare il contagio dei colleghi? Le misure da adottare in azienda sono cambiate ed è necessario conoscere tutte le nuove regole, per evitare problemi con il proprio datore.
Fino allo scorso anno, coloro che risultavano positivi al tampone erano sottoposti all’isolamento obbligatorio e, di conseguenza, aveva diritto all’indennità di malattia.
La situazione attuale, invece, è differente. Il dipendente ammalato, infatti, può assentarsi dal lavoro soltanto se lamenta sintomi particolarmente gravi, che ostacolano l’ordinario svolgimento dell’attività.
Non esiste più l’obbligo di isolamento e il Covid viene trattato alla stregua di una normale influenza.
Di conseguenza, i soggetti asintomatici o con una sintomatologia di lieve entità devono recarsi a lavoro. Non possono, inoltre, richiedere lo smart working e rimanere a casa perché la sola positività al tampone non è, ora, un requisito sufficiente per l’astensione dal lavoro.
Con il venir meno dell’isolamento obbligatorio e la facoltà di continuare a prestare attività lavorativa anche in caso di contagio, sorgono dubbi sulla certificazione medica da presentare per dimostrare la malattia.
In particolare, il problema riguarda i soggetti asintomatici. Se, infatti, non accusano alcun malessere, i medici non possono emettere alcun certificato di malattia.
Senza l’obbligo di isolamento, inoltre, è molto difficile capire quanti contagiati ci siano.
Questo crea abbastanza allarmismo, soprattutto tra i lavoratori fragili, che potrebbero temere di essere in contatto con qualche collega asintomatico.
Per quanto riguarda i malati sintomatici, invece, le nuove regole non impongono tamponi per tutti i lavoratori né di recarsi presso il proprio medico di famiglia. Anche chi ha sintomi, inoltre, può andare a lavoro, ma spetta ai datori prevedere gli strumenti per arginare la diffusione del contagio e per preservare l’ambiente lavorativo.
Ma quali sono i compiti dei datori di lavoro e cosa possono fare? Nonostante non ci siano obblighi in tal senso, possono applicare la normativa emergenziale in tema di misure di prevenzione. Ad esempio, possono incrementare lo smart working e prevedere nuove regole, visto che il diritto al lavoro agile, sia per i dipendenti pubblici sia per quelli privati già affetti da gravi patologie, sarà attivo fino al 30 settembre 2023.
I datori di lavoro, infine, devono illustrare ai propri dipendenti le nuove norme nazionali in tema di prevenzione del contagio e assicurarsi che vengano rispettate.
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