Nelle successione rientrano anche i debiti del defunto. In che modo ci si può difendere ed evitare di ereditare le passività di un familiare?
Non è sempre vero che al momento della morte di un familiare agli eredi vengono trasferiti in automatico tutti i debiti contratti dal de cuius.
Prima di entrare in possesso del lascito, infatti, è necessario compiere un’operazione essenziale, ossia l’accettazione dell’eredità, che può avvenire anche in maniera tacita.
In quest’ultimo caso, dunque, vengono compiuti comportamenti dai chiamati all’eredità che fanno intendere di voler entrare in possesso dei beni dei defunto.
È necessario specificare, tuttavia, che non tutti i debiti rientrano nella successione.
L’obbligo di soddisfare i creditori del defunto da parte degli eredi non è assoluto, ma varia a seconda della quota ereditaria.
Se, per esempio, si ha diritto al 33% dell’eredità, bisogna provvedere soltanto a un terzo di ciascun debito ereditato.
L’unica eccezione a tale regola riguarda i debiti relativi alle imposte sui redditi oppure all’imposta di donazione. In questo caso, infatti, vige il principio della cd. responsabilità solidale e il Fisco può richiedere di provvedere all’intero ammontare del debito.
Di conseguenza, si ereditano le passività del defunto ma solo se i chiamati all’eredità la accettano. Senza quest’atto, non può sorgere alcuna pretesa dei creditori nei confronti degli eredi di un debitore morto.
Se, quindi, si ha paura delle conseguenze di un lascito, è possibile effettuare la rinuncia all’eredità presso un notaio o il cancelliere del Tribunale del luogo in cui è stata aperta la successione.
Ma c’è anche un’altra opzione, la cd. accettazione dell’eredità con beneficio di inventario. L’erede acquista i debiti del de cuius ma ne risponde solo con i beni ereditati e non con i suoi; in questo modo non incorre nel pignoramento da parte dei creditori.
L’accettazione dell’eredità (con la quale vengono trasferiti anche i debiti) va effettuata entro 10 anni dall’apertura della successione. I creditori, tuttavia, possono richiedere al giudice la fissazione di un termine inferiore.
Ci sono, inoltre, dei casi in cui le scadenze per la rinuncia all’eredità oppure l’accettazione con beneficio di inventario sono più brevi. Ad esempio, i possessori dei beni del defunto (come i conviventi) hanno tre mesi di tempo per procedere con l’inventario dei beni e ulteriori 40 giorni per effettuare la rinuncia o l’accettazione con beneficio.
Se tali tempistiche non vengono rispettate, gli interessati sono considerasti eredi a tutti gli effetti e, quindi, anche destinatari di eventuali debiti del defunto.
Ricordiamo, infine, che ci sono alcuni debiti che non possono mai entrare a far parte dell’eredità, anche in caso di accettazione.
È l’ipotesi delle multe stradali, delle sanzioni amministrative, penali e tributarie, degli assegni di mantenimento e alimenti, dei debiti di gioco e delle obbligazioni personali connesse a una professione.
In tutti questi casi, il creditore non può rivalersi sugli eredi.
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