I dipendenti che soffrono di depressione possono essere licenziati oppure ci sono delle norme che tutelano i malati? Ecco cosa stabilisce la legge.
La depressione è una vera e propria malattia, che può incidere significativamente sulla vita anche lavorativa di un individuo.
Al pari delle altre malattie, può giustificare l’assenza dal lavoro. Di conseguenza, i dipendenti hanno il diritto alla preservazione del posto di lavoro durante l’assenza ma, allo stesso tempo, devono rispettare il cd. periodo di comporto, ossia il periodo massimo di assenza consentito dalla legge e superato il quale può scattare il licenziamento.
I lavoratori affetti da depressione sono obbligati a presentare al datore e all’INPS un certificato medico per giustificare il periodo di assenza dal lavoro. Devono, poi, rispettare gli orari di reperibilità per le visite fiscali, cioè restare a casa ed essere disponibili in caso di controlli da parte dei medici.
Se, al contrario, i lavoratori colpiti da depressione si assentano dal lavoro senza valide giustificazioni, possono sorgere dei problemi. Al riguardo, la sentenza n. 4171 del 2015 della Corte di Cassazione ha stabilito che, nel caso di depressione grave, deve esserci flessibilità relativamente alla valutazione delle assenze e, dunque, il licenziamento potrebbe risultare eccessivo.
Il datore è legittimato a licenziare un dipendente depresso durante il periodo di assenza dal lavoro?
Sulla risposta influiscono una serie di circostanze. Il licenziamento per depressione è consentito solo in due ipotesi:
I datori di lavoro, quindi, sono obbligati a:
Solo in questo modo, può essere assicurato il rispetto dei diritti dei lavoratori.
La Corte di Cassazione ha, inoltre, specificato che licenziare un dipendente depresso è legittimo solo se ricorrono tali condizioni:
In altre parole, per licenziare un lavoratore depresso bisogna valutare tali elementi:
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