Omicron 2, ecco come riconoscere i sintomi

Omicron 2, vediamo nel dettaglio quali sono i sintomi e in cosa si differenzia rispetto alla sua mutazione originale. 

Omicron 2 ha ormai sostituito l’originale e si sta espandendo a grande velocità in tutto il vecchio continente.

omicron 2 sintomi
Pixabay

Questa seconda variante del ceppo sudafricano si sta rivelando molto più contagiosa dell’originale, e alcuni sono preoccupati che una sua repentina diffusione possa ritardare la fine dell’emergenza sanitaria. 

Omicron 2, un nuovo sintomo della seconda variante sudafricana riguarda i bambini

Negli ultimi giorni, ad esempio, molti medici hanno espresso preoccupazione per i bambini. Sembra infatti, secondo una ricerca redatta dal Boston Children’s Hospital, che i più piccoli sviluppino a contatto con questa variante una tosse da foca come sintomo, da cui è bene fare attenzione.

Non bisogna però fare troppo allarmismo in merito: questo coronavirus, fin dal suo ceppo originario di Wuhan, resta comunque a bassissima letalità per i bambini.  Sempre più persone, nelle ultime settimane, si stanno chiedendo in che modo può essere possibile riconoscere Omicron dalla prima variante. 

Omicron, vediamo quali sono le differenze rispetto all’originale

Vediamo nel dettaglio quali sono i sintomi e cosa cambia rispetto ad Omicron 1. La differenza più evidente riguarda in primo luogo la contagiosità. Questo può sembrare strana, perché la prima cosa che si è notato con l’apparizione di Omicron 1 lo scorso anno, era proprio una contagiosità fuori dal comune rispetto al ceppo originario, che già lo era molto di suo.

La nuova sottovariante in tal senso è la più contagiosa tra le mutazioni di Covid-19 conosciute fino ad adesso. Ma per il resto non ci sono grandi differenze dei sintomi, ad eccezione di questa tosse da foca causata da Omicron, di cui si inizia a parlare in queste settimane. In Italia, l’Istituto Superiore di Sanità ha realizzato una ricerca per analizzare al meglio la variante scoperta in Sudafrica mesi fa, con l’aiuto di alcuni laboratori di ricerca e della Fondazione Bruno Kessler.

Ne emerge in primo luogo come nessuna delle varianti Omicron buchi la difesa dei vaccini come invece molti hanno sostenuto negli ultimi tempi. Viene però precisato che si può parlare di protezione vaccinale in questo caso da Omicron, soltanto nel caso in cui sia portato a termine l’intero ciclo vaccinale composto da tre dose. La sua contagiosità invece, è stata nuovamente accertata come un fenomeno abnorme. Ed è per questo che i contagi stanno risalendo rapidamente in tutto il mondo. 

Omicron 2, secondo il virologo Matteo Bassetti non c’è da preoccuparsi

Secondo alcuni esperti, tra cui ad esempio l’infettivologo Matteo Bassetti, non vi è comunque da preoccuparsi. Il medico genovese in merito è stato piuttosto chiaro ed esplicito. Piuttosto di parlare di una quinta ondata, bisognerebbe invece rendersi conto che ci troviamo di fronte ad una prima ondata di un virus depotenziato. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, nel nostro paese Omicron 2 rappresenta attualmente circa il 44 per cento dei contagi complessivi da Covid.

Non tutti inoltre ne sono a conoscenza, ma al scienza ha già scoperto una terza mutazione che arriva dalla variante di Covid-19 sudafricana. Si tratta di Omicron 3 ma sembra molto simile alla 2, anche per quanto riguarda la sua contagiosità. Un recente studio condotto da alcuni ricercatori inglesi ha inoltre dimostrato come rispetto alla variante 1, la contagiosità di Omicron 2 sia maggiore di circa il 40 per cento in più.

E rispetto alla Delta, parliamo invece di una percentuale che si aggira intorno al 60 per cento. La ricerca si è inoltre preoccupata di stabilire anche quale sia il tempo medio di insorgenza dei sintomi del contagio, che è stato stimato in circa tre giorni e mezzo dall’ incubazione del virus.

(Le informazioni presenti nell’ articolo hanno esclusivamente scopo divulgativo e riguardano studi scientifici pubblicati su riviste mediche. Pertanto, non sostituiscono il consulto del medico o dello specialista, e non devono essere considerate per formulare trattamenti o diagnosi).

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