Mai così tante richieste di stufe a pellet. Il trend colpisce l’area del trevigiano ma l’espansione è rapida. E c’è un altro rischio…
Non è certo da un giorno che il pellet viene utilizzato come alternativa al riscaldamento tradizionale. E’ significativo, però, che gli ultimi mesi abbiano visto un boom praticamente inedito nella caccia alle scorte.
Un combustibile piuttosto economico e (anche per questo) abbastanza popolare. Non tutti gli appartamenti sono predisposti ad accogliere un impianto di questo tipo ma l’installazione non è poi così complicata. Del resto, le prestazioni valgono bene l’investimento. Una stufa a pellet consente di riscaldare l’ambiente in modo omogeneo, programmato e senza consumi aggiuntivi se non quello del materiale bruciato. Una variabile interessante per il riscaldamento, anche considerando il momento storico che non agevola il pagamento delle utenze del gas. Peraltro, la facile reperibilità delle riserve di pellet ha contribuito negli anni a convincere gli italiani a investire sull’impianto di riscaldamento alternativo.
Una tendenza consolidata ma non certo un trend. Difficile, quindi, leggere in modo corretto quanto avvenuto (e quanto ancora sta avvenendo) nel trevigiano, dove in poche settimane l’acquisto di pellet ha conosciuto un vero e proprio boom, sia in rete che nei classici ferramenta. Una tendenza che ha costretto i produttori a richiedere un anticipo sensibile per l’ordinazione degli impianti, vista l’incredibile richiesta in corso. L’arrivo della primavera, e quindi la flessione progressiva nell’uso dei riscaldamenti, rende infatti conveniente anticipare di qualche mese l’acquisto delle stufe. La caccia al pellet, però, non è spiegabile solo con la prospettiva del risparmio.
Pellet, corsa all’acquisto: cosa c’entra la guerra in Ucraina
C’è un fattore esterno che, al momento, regola i mercati. O meglio, che ne fa saltare le regole. La guerra in Ucraina ha scosso gli assetti geopolitici mondiali, costringendo la popolazione occidentale a fare i conti con una crisi imprevista, andata a sommarsi alle scorie portate dalla recessione pandemica. L’invasione russa ha ridisegnato le relazioni economiche globali, fra le sanzioni applicate nei confronti di Mosca alla limitazione dei rifornimenti alimentari provenienti dall’Ucraina. La stretta, in pratica, non ha toccato solo gli approvvigionamenti di gas. Anzi, per certi versi, il rischio più serio parrebbe quello di una crisi alimentare, specie nei Paesi totalmente dipendenti dalle importazioni.
Cosa c’entra il pellet in tutto questo? Le ricadute della crisi hanno colpito duro anche sul fronte delle utenze. Con un effetto diretto sull’umore dei consumatori, sempre più propensi a chiedersi quanto, alla fine, sarebbe costata la guerra in termini economici. Senza contare che il gas arrivava già da una serie di rincari che avevano spinto i costi a livelli storici. In questa fase, ossia tra il 7 e il 13 marzo 2022, si è inserito il boom di richieste degli impianti di riscaldamento alternativi. Un +27,1% rispetto al periodo 14-20 febbraio. Un dato significativo, in quanto la crescita è arrivata in corrispondenza con lo scoppio del conflitto in Ucraina.
In sostanza, in attesa che il Governo decida su fonti di approvvigionamento alternative al gas russo (con la flebile speranza che si tratti del primo passo verso l’autosufficienza energetica), gli italiani le soluzioni se le studiano (anche) da soli. La corsa alle stufe a pellet, però, ha colto in contropiede le aziende produttrici. Col serio rischio di un deficit di materia prima e rincari relativi. Un circolo vizioso che potrebbe essere risolto dal cosiddetto Bonus termico, ossia il recupero di una parte della spesa nell’ambito delle ristrutturazioni edilizie. Un vantaggio che andrebbe a sommarsi a quello ottenuto dal nuovo impianto: dai 300 ai 1000 euro all’anno. Niente male, al netto di nuove crisi…