Si torna a parlare di riforma pensioni. Esecutivo e sindacati sono a lavoro per una legge chiara ed esaustiva entro la fine dell’anno.
L’accordo su un’organica riforma delle pensioni è, purtroppo, ancora lontano e la discussione potrebbe essere posticipata in autunno.
Adobe StockLe recenti situazioni, come la guerra in Ucraina e la conseguente crisi economica, infatti, hanno ridisegnato i piani del Governo; dunque, per gli incontri con i sindacati per la revisione del sistema previdenziale si dovrà attendere la fine dell’anno. Su cosa si focalizzano i dibattiti? Quali sono le proposte?
Riforma pensioni: perché si ritarda?
Con il nuovo DEF (Documento di Economia e Finanza) l’Esecutivo si è soffermato maggiormente sulle conseguenze del conflitto russo-ucraino sulla nostra economia e sull’aumento dell’inflazione e del costo dell’energia e delle materie prime.
Nonostante ciò, vi è ancora la volontà di procedere con “le politiche strutturali già avviate, nei settori strategici della transizione ecologica e digitale, della competitività del sistema economico, della sanità e del welfare, con particolare riguardo all’assetto del sistema pensionistico”.
Il Ministro del Lavoro Andrea Orlando, infatti, in occasione dell’incontro con Cgil, Cisl e Uil sulle politiche economiche, ha dichiarato che “il dialogo sociale proseguirà su tutti i temi che avevamo già aperto: pensioni, precarietà, salari, misure sociali”.
I nuovi piani del Governo
Dunque, soltanto con la NaDEF (la Nota di aggiornamento del DEF), in programma per settembre, si avrà un vero e proprio progetto di riforma pensioni. L’obiettivo, infatti, è quello di inserire i risultati del lavoro nella Legge di Bilancio 2023.
Da un lato, questa procrastinazione potrebbe essere utile a trovare un accordo tra le parti sociali, consentendo un dialogo più lungo ed articolato (considerando anche che i punti di vista sono ancora molto discordanti tra loro). Dall’altro lato, però, c’è il pericolo che non si giunga neanche entro la fine di quest’anno ad una soluzione certa, in grado di soddisfare tutti, e che si ricorra semplicemente a prorogare le misure già esistenti, ma provvisorie, di flessibilità in uscita (come Quota 102).
Quale sarà, dunque, la scelta del Governo? La riforma pensioni o il semplice rinnovo di Quota 102, Opzione Donna e APE Sociale?
Cosa prevede il DEF in relazione alla riforma delle pensioni
Il DEF prevede anche delle anticipazioni sul progetto di riforma delle pensioni, chiarendo quelle che sono le ideologie che il Governo farà valere durante i negoziati. In una nota, infatti, si legge: “nel pieno rispetto dell’equilibrio dei conti pubblici, della sostenibilità del debito e dell’impianto contributivo del sistema, occorrerà trovare soluzioni che consentano forme di flessibilità in uscita ed un rafforzamento della previdenza complementare. Occorrerà, altresì, approfondire le prospettive pensionistiche delle giovani generazioni”.
Grande attenzione, dunque, è riservata al sistema contributivo, soprattutto in seguito all’introduzione di misure di flessibilità in uscita degli ultimi anni (come Quota 100 e Opzione Donna). Verranno, poi, analizzati i settori della previdenza complementare e della pensione dei giovani.
I punti fondamentali della riforma
Gli obiettivi principali della riforma pensioni, prevista per il 2023, si concentrano, in particolare, su 3 aspetti.
- Prevedere nuovi strumenti di flessibilità in uscita e modificare, quindi, il sistema introdotto dalla Legge Fornero. Attualmente, infatti, è possibile la pensione di vecchiaia a 67 anni e la pensione anticipata con 42 anni e 10 di contributi (un anno in meno per le donne). L’intenzione dell’Esecutivo è di preservare il sistema contributivo, nonostante le pressioni dei sindacati, favorevoli, invece, alla pensione anticipata con 41 anni di contributi;
- pensioni dei giovani. In relazione a questo settore, si sta lavorando per la previsione di forme di pensioni di garanzia per i giovani con una vita lavorativa altalenante. Un ulteriore obiettivo riguarda misure di tutela più efficaci per le donne. Ad esempio, si discute circa un’Opzione Donna strutturale o con proroga, per permettere la pensione anticipata alle lavoratrici che abbiano raggiunto 35 anni di contributi e 58 (se dipendenti) o 59 (se autonome) anni d’età;
- previdenza complementare. Questo è l’aspetto più problematico della riforma, perché tale strumento, in Italia, è ancora molto poco utilizzato, a differenza di quanto avviene negli altri Paesi europei. I sindacati, inoltre, insistono anche su una revisione del meccanismo previsto per l’erogazione di TFR e TFS.