Bisogna pagare l’Imu anche se si è invalidi ed il fabbricato è un rudere? Ecco la decisione della Cassazione.
Chi dispone di un immobile deve pagare dei tributi relativi alla proprietà in suo possesso, tra cui l’Imu. L’Imposta Municipale Unica è la tassa comunale per tutti i soggetti proprietari di un immobile che, dal 2011, ha sostituito la vecchia Ici, l’Irpef e le altre addizionali regionali e comunali. Di solito, il pagamento dell’Imu è previsto in due rate, una con scadenza il 16 giugno e l’altra il 16 dicembre.
I ruderi, cioè i fabbricati accatastati come unità collabenti, sono immobili che si trovano in stato di rovina e degrado, non più agibili. In Italia, di recente, il numero di tali edifici è aumentato, dunque, si è resa necessaria una normativa ad hoc. Cosa prevede la legge in relazione al pagamento dell’Imu?
Imu: è previsto il pagamento sulla seconda casa per gli invalidi civili?
Un Lettore ha sollevato il seguente quesito:
“Salve, sono un invalido civile al 100% e vorrei sapere se godo si esenzioni sul pagamento dell’Imu. Attualmente sto pagando la tassa su un rudere disabitato che ho ereditato, perché è considerato come seconda casa, nonostante sia indivisa ed io sia proprietario solo di un terzo di essa. Grazie.”
La Corte di Cassazione ha sancito che non bisogna pagare l’Imu sugli immobili che risultano, al catasto, come ruderi. Vediamo nel dettaglio tutti gli aspetti della sentenza.
Imu sui ruderi: il parere della Cassazione
La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 10122 dell’11 aprile 2019, ha stabilito che è impossibile «assoggettare a Ici i fabbricati collabenti, iscritti nella categoria catastale fittizia F2». Dunque, sui ruderi non è prevista tale imposta.
L’intervento della Cassazione è stato necessario perché, in passato, l’Agenzia delle Entrate aveva emesso circa 800 mila avvisi bonari nei confronti dei proprietari di ruderi, per richiedere il pagamento delle tasse. La Corte di Cassazione ha, invece, abolito il pagamento dell’Imu sugli edifici in rovina e delle tasse sul valore venale del terreno dove si trova il rudere.
L’aspetto problematico di tale situazione, però, riguarda la circostanza che l’Imu sui ruderi non si paga solo se questi sono iscritti al catasto edilizio, mentre la maggior parte di essi risultano iscritti presso il catasto terreni. Secondo la Cassazione, infatti, non sono soggette a tassazione «le unità iscritte in catasto per scelta del titolare, mentre per quelle non iscritte, non rientrando nella definizione di fabbricato, l’imposta sarebbe dovuta sulla base dell’area edificabile».
La decisione della Corte di Cassazione
Con la Sentenza n. 10122 dell’11 aprile 2019, la Suprema Corte di Cassazione ha deciso che non bisogna pagare l’Ici per i fabbricati accatastati come “unità collabenti” (Categoria “F/2”), perché non comportano alcuna rendita. Inoltre, l’imposta non è dovuta neanche per l’area sulla quale sorgono, essendo area già edificata e, dunque, non “area edificabile”. Il d. lgs. 504/92, nello specifico, stabilisce il versamento dell’Ici sulle aree edificabili e non per quelle già edificate.
Secondo gli Ermellini, dunque, “il fabbricato accatastato come unità collabente, oltre a non essere tassabile come fabbricato perché privo di rendita, non è tassabile neppure come area edificabile. Questo a meno che un’eventuale demolizione non ridia autonomia all’area fabbricabile.”
Conclusioni
Senza dubbio, tale sentenza ha un forte impatto sulle zone interne e montuose del Paese, ormai poco abitate, nelle quali la maggior parte degli edifici non sono più agibili e non hanno più molto valore. Stando ad un’analisi di Confedilizia, infatti, in Italia, dal 2011 ad oggi, il numero di ruderi è addirittura raddoppiato.
Un vantaggio, dunque, quello offerto dalla Cassazione, per molti proprietari, non più costretti a pagare l’Imu su immobili di cui non possono più usufruire.