L’INPS è in grado di calcolare il numero dei contributi necessari alla pensione ed il relativo l’importo, per chi ha uno stipendio di 1.000 euro al mese. Ecco in che modo.
La generazione odierna di lavoratori è denominata la “Generazione Mille Euro”, come il titolo di un noto romanzo di Antonio Incorvaia e Alessandro Rimassa. Nella maggior parte dei casi, infatti, non si riesce a percepire una retribuzione superiore ai mille euro mensili; questo problema, purtroppo, riguarda quasi tutti, a prescindere dal tipo di impiego svolto, dagli studi intrapresi o dall’esperienza professionale.
Addirittura si stima che le future generazioni guadagneranno meno di quelle passate ma, nonostante le previsioni non siano rosee, c’è ancora la voglia di sperare che, un giorno, oltre al lavoro si avrà diritto alla pensione.
INPS: in che modo si ricava l’importo della pensione?
Uno stipendio di mille euro mensili, attualmente, non corrisponde più ad una retribuzione medio-bassa ma, per alcune realtà lavorative, alla cifra più alta. Per tale motivo, la preoccupazione più diffusa tra i lavoratori rimane non tanto il salario bensì la possibilità di continuare ad accumulare i contributi necessari per andare in pensione. Dunque, mantenere stabilmente un impiego (anche se non adeguatamente retribuito) consente di guadagnare l’accesso alla pensione e di salvare i contributi versati.
Quando potranno andare in pensione e quanto potranno percepire coloro che, oggi, guadagnano 1.000 euro? Per scoprirlo, viene utilizzato un metodo di calcolo che combina vari fattori e variabili, utili per determinare l’importo dell’assegno pensionistico. Si applicano, alternativamente, uno di tali criteri: quello contributivo, quello retributivo o quello misto.
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Calcolo della pensione: sono fondamentali gli anni lavorativi
La scelta dei sistemi di calcolo varia a seconda della specifica attività lavorativa svolta. Partendo da una paga base di 1.000 euro al mese, si può ricorrere al metodo retributivo se, entro il 31 dicembre 1995, il lavoratore ha versato almeno 18 anni di contributi. Gli elementi da considerare sono:
- la cifra delle ultime paghe da lavoro oppure del reddito dell’interessato;
- gli ultimi 5 anni di buste paga e le successive rivalutazioni (Quota A);
- gli ultimi 10 anni di retribuzione percepita ed il numero di settimane lavorate fino al 31 dicembre 2011 (Quota B).
Durante la vita contributiva del lavoratore, inoltre, potrebbe subentrare la rivalutazione dello stipendio. Dunque, sarà necessario fare una media della retribuzione pensionabile rapportata alle buste paga precedenti; infine, bisognerà moltiplicare la retribuzione media per l’aliquota di rendimento del 2%. Il risultato, poi, verrà moltiplicato per l’ammontare di anni contributivi.
In altre parole, mensilmente, l’INPS verserà un assegno pensionistico di circa 800 euro.