Bufera sull’INPS per i TFR in ritardo. La causa, ammessa dallo stesso Istituto, è la mancanza di personale.
Il TFR, trattamento di fine rapporto, così come il TFS, trattamento di fine servizio, spetta ai lavoratori al termine del rapporto di lavoro. È la cosiddetta indennità di buonuscita. Per riceverlo però ci vuole un’attesa di 24 mesi più altri tre per la lavorazione della pratica.
Se il ritardo è maggiore ovviamente i cittadini possono chiedere spiegazioni all’INPS, ma senza ottenere una risposta. Per questo motivo sui social l’istituto è stato sommerso di proteste.
TFR in ritardo: “Colpa del personale” ammette l’INPS
Tutto è partito da un post pubblicato su Facebook da C. B., che ha rivestito cariche importanti presso la Regione.
Nel post B. lamentava il fatto che dopo 36 mesi dalle dimissioni ancora non aveva ricevuto il TFR. Ma neanche spiegazioni soddisfacenti alle domande fatte sia via mail sia recandosi di persona negli uffici.
I commenti, contro la sede dell’INPS di Torino, sono stati molti. Soprattutto di dipendenti pubblici che a distanza di anni ancora non hanno ricevuto il loro TFR. Ma neanche spiegazioni in merito al ritardo.
Come è successo a P. Z., che è dal 2018 che invia una PEC al mese per sapere a che punto è il suo TFR in ritardo senza, però, ricevere mai una risposta.
La storia di B. è surreale e come afferma lui stesso: “mi sono sentito prendere per i fondelli”. Infatti, racconta che passati i 27 mesi (24 mesi più 3) tramite MyInps ha scritto per sollecitare il pagamento. La risposta fu che il pagamento sarebbe arrivato a marzo.
In seguito, ha riscritto perché i soldi non erano arrivati. La risposta fu che la pratica era stata presa in considerazione. E poi ancora, per la terza volta, l’INPS lo rassicurava che avrebbero accreditato il TFR in ritardo sul conto nel più breve tempo possibile. Ma ancora niente.
Infine, riceve una nuova mail in cui l’INPS spiega che per ottenere il TFR devono passare 34 mesi più 3. Da qui il post su Facebook.
“Manca personale” si giustifica l’INPS
Però, l’INPS non è nuova a proteste sui social come testimoniano le numerose lamentele pubblicate su Twitter o su Facebook. Ma V. P., direttrice della sede provinciale di Torino ammette che i ritardi sono causati dalla mancanza di personale. Anche a causa del blocco del turn over che non dà la possibilità di nuove assunzioni.
“Ma ora è stata istituita una task force per normalizzare la situazione e sbrigare le pratiche arretrate entro luglio” assicura la direttrice.
Nel frattempo, l’avvocato che sta seguendo la vicenda per conto di un cliente, suggerisce di contattare un difensore civico. “Dopo il suo intervento, ci hanno pagato”, ha dichiarato l’avvocato.