Alimentazione e PFAS: contaminati molti alimenti che usiamo tutti i giorni, esiste una correlazione con molte malattie

Numerosi studi si stanno occupando dei rischi per la salute dell’uomo a causa dell’assunzione di PFAS nella dieta e attraverso altri prodotti.

I PFAS sono sostanze chimiche sintetiche utilizzate a livello industriale e ne veniamo a contatto tutti i giorni, direttamente o indirettamente. Tuttavia, sotto la lente d’ingrandimento ci sono molti quesiti. In questo approfondimento discutiamo di PFAS, dove si trovano, i loro potenziali rischi per la salute e le raccomandazioni sulla riduzione dell’esposizione ai PFAS.

pfas nella dieta
Adobe Stock

In una serie di contenuti che andiamo a elaborare, cercheremo di capire cosa emerge dallo studio scientifico su un argomento molto dibattuto: PFAS e alimentazione. L’approccio è quello di un’analisi approfondita, che riporta i risultati di ampie ricerche scientifiche, soppesando i fatti e non dando adito a quelli che sono i falsi miti.

Cosa sono i PFAS e dove si trovano

PFAS è un termine che racchiude un gruppo di oltre 9 mila sostanze chimiche sintetiche, più precisamente sostanze perfluoroalchiliche. Sviluppate negli anni ’40, contribuirono a una svolta in avanti nel progresso, poiché migliorarono notevolmente la qualità di moltissimi materiali.

Infatti i PFAS vennero usati per rendere più resistenti i tessuti, i tappeti, i rivestimenti, la carta e anche le pentole, tanto per citare alcuni oggetti di largo consumo. A livello industriale, in pratica sortirono benefici immensi. Ma da allora l’utilizzo di PFAS è aumentato e cresciuto esponenzialmente coinvolgendo dapprima il settore cosmetico e poi anche quello alimentare.

Ad oggi, i PFAS si trovano abbondantemente praticamente ovunque. Nel materiale da imballaggio alimentare, nelle pentole antiaderenti, nei rivestimenti resistenti all’acqua e alle macchie per vestiti, mobili e tappeti, nelle schiume antincendio. Ma, come già accennato, anche nei prodotti per la cura della persona e nei cosmetici.

A livello alimentare, i PFAS si trovano nei cibi industriali, in quelli serviti nei fast food, nella carne, nel pesce e crostacei. Anche i prodotti freschi e a lunga conservazione contengono le sostanze chimiche, come ad esempio alcuni caffè e tè da asporto negli Stati Uniti, gli alimenti trasformati (ad esempio i popcorn al microonde) e ancora, nei prodotti a base di cereali a basso contenuto di fibre e grassi, pane e pasta.

Eppure, le caratteristiche che hanno reso i PFAS così largamente usati sono le medesime che ora rappresentano un pericolo per la salute umana e per l’Ambiente. Proprio le capacità di non degradarsi e di resistere ai normali processi di “smaltimento” hanno fatto sì che si accumulassero nell’ambiente. L’impatto di queste sostanze sulla catena alimentare è al vaglio degli scienziati. Ecco cosa sappiamo fino ad ora.

PFAS nella dieta e l’accumulo nell’organismo umano, i rischi

Gli esseri umani sono esposti continuamente ai PFAS attraverso la dieta alimentare, ma anche con acque e aria contaminate. L’utilizzo quotidiano della miriade di prodotti industriali contenenti PFAS aumenta l’accumulo delle sostanze chimiche tossiche, dando sempre più rischi per la salute.

In uno studio revisionato nel 2022 intitolato “Esposizione a sostanze per- e polifluoroalchiliche e marcatori di danno epatico: una revisione sistematica e una meta-analisi” si evidenzia una correlazione tra accumulo di PFAS e danni al fegato. Viene valutato anche il rischio di sviluppo di steatosi epatica non alcolica (NAFLD), che a sua volta può portare a condizioni più gravi come la cirrosi . NAFLD è solo una delle tante malattie che possono colpire il fegato ma è anche una delle principali cause di malattia epatica cronica e di insufficienza epatica.

Sono ancora in corso studi approfonditi in questo senso, ma alcuni esperti ritengono che l’accumulo di PFAS interrompa l’elaborazione e l’immagazzinamento del grasso nel corpo. Ecco che aumentando i depositi di grasso nel fegato che portano poi a danneggiarlo, innescando altre complicazioni di salute. 

PFAS e alimentazione, i possibili danni

Queste sostanze chimiche sintetiche sono considerate molto pericolose per l’equilibrio del sistema endocrino. Ciò significa che a lungo andare l’accumulo di PFAS altera funzioni fondamentali dell’organismo. Alcuni scienziati associano all’esposizione l’insorgere di disturbi metabolici (prima su tutti l’obesità anche infantile), ma anche disturbi della tiroide e diabete.  

Altri studi di carattere osservazionale evidenziano anche il legame tra PFAS e salute tiroidea compromessa. Soprattutto durante la gravidanza, significa un maggior rischio rischio di sviluppare il diabete gestazionale. Condizione che, lo ricordiamo, può essere molto dannoso per la salute della gestante ma soprattutto per quella del bambino. 

PFAS e salute riproduttiva, cosa emerge dagli studi

Molte sono le malattie e le problematiche portate dall’esposizione prolungata agli PFAS. Una ricerca effettuata nel 2020 mette in relazione le sostanze chimiche con cambiamenti ormonali importanti. Parliamo di ciclo mestruale anticipato o ritardato, menopausa che sopraggiunge prima del tempo, e anche danni al feto e alla gestante, come ad esempio la preeclampsia.

Va detto però che i risultati delle ricerche in merito al rapporto PFAS-salute riproduttiva sono ancora incompleti e servono ulteriori approfondimenti e prove.

PFAS e Tumori, esiste una correlazione?

Lo spettro di problemi di salute analizzati dagli scienziati è ampio, e molti si chiedono se l’accumulo delle sostanze tossiche porti a sviluppare maggiormente alcuni tipi di tumore. Sembra che il cancro al rene e ai testicoli siano proprio associati alla contaminazione da PFAS.

Una ricerca pubblicata sul National Library of Medicine intitolata “Serum Concentrations of Per- and Polyfluoroalkyl Substances and Risk of Renal Cell Carcinoma ha determinato che i PFAS aumentano il rischio di sviluppare il cancro del rene in modo esponenziale. Maggiore è l’esposizione e più alta è la probabilità che si sviluppi un cancro. 

(Le informazioni presenti in questo articolo hanno esclusivamente scopo divulgativo e riguardano studi scientifici pubblicati su riviste mediche. Pertanto, non sostituiscono il consulto del medico o dello specialista, e non devono essere considerate per formulare trattamenti o diagnosi)

Gestione cookie