Sono molte le lavoratrici che temono che l’Opzione Donna 2023 non arriverà mai. La “denuncia” arriva anche dal Comitato opzione donna social.
Siamo solamente a giugno ma la fine dell’anno, per alcune lavoratrici, è fin troppo vicino.
Il 31 dicembre 2022 infatti decade una delle misure pensionistiche attuali, l’Opzione Donna. I timori provengono da tutti i comparti, perché sembra che il Governo non sia intenzionato ad “occuparsi appieno” di una questione fondamentale per le donne che lavorano.
Ricordiamo che a fine anno, scadranno anche altre misure come la Quota 102 e l’Ape Sociale. Il popolo italiano, già stremato dalla crisi economica, ha bisogno più che mai di certezze, e non di misure temporanee che cambiano di continuo. Ma andiamo a capire meglio qual è la situazione attuale e cosa denunciano le lavoratrici.
Opzione Donna 2023, le incertezze e i timori
Che la volontà politica di occuparsi delle problematiche “al femminile” sia assente è purtroppo una realtà. Basti pensare al fatto che le donne, ancora oggi, ricevano trattamenti economici diversi dagli uomini, che non abbiano tutele maggiori sulla maternità, che si debbano sempre ritrovare a “scegliere” tra famiglia e lavoro. Il ruolo stesso di “caregiver” è riconosciuto solamente in presenza di un’invalidità grave, mentre le attenzioni quotidiane verso genitori, parenti o figli vengono ancora considerati “scontati” – e non pagati.
Fino a che non cambieranno le cose, come denuncia anche Orietta Armiliato founder del Comitato opzione donna social, le donne continueranno a subire trattamenti iniqui. La non considerazione della misura pensionistica Opzione Donna è solo l’ultima di tante ingiustizie.
L’Opzione Donna, al momento, è una formula che comunque funziona. Anche se non è esente da svantaggi. Si tratta di una modalità per l’accesso alla pensione anticipata delle lavoratrici, autonome o subordinate. Purtroppo manca anche l’informazione e molte donne non sanno come fare la richiesta. Ricordiamo che per accedere a questo tipo di pensione servono precisi requisiti: la donna deve “aver maturato, entro il 31 dicembre 2021, un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni ed un’età anagrafica pari o superiore a 58 anni (per le lavoratrici dipendenti) e a 59 anni (per le lavoratrici autonome)“. Le lavoratrici dipendenti devono aver cessato il rapporto di lavoro. Per le autonome, invece, non è obbligatoria la cessazione dell’attività.
Ma ai fini del raggiungimento del monte contributivo ad esempio, c’è anche il riscatto agevolato degli anni di Laurea. Unico “paletto” è la presentazione della domanda di riscatto che deve andare insieme a quella di pensione.
La denuncia che arriva dalle donne che fanno parte del Comitato è anche quella del riconoscimento delle “cure familiari”. Fino a che non ci sarà in primis un cambiamento culturale, misure come Opzione Donna o similari saranno solamente “briciole”. Il lavoro di cura non deve essere più inteso come una “esclusiva femminile” e il cambiamento può partire solamente dalla presa di coscienza di tute le donne.