Di solito, le ferie che spettano al dipendente non possono essere monetizzate. Tuttavia, ci sono delle importanti deroghe.
La legge stabilisce delle regole ferree per quanto riguarda la necessità che il lavoratore usufruisca delle ferie a sua disposizione.
Per tale motivo, chi le accumula, prima o poi sarà costretto ad utilizzarle, perché il principio generale è quello per cui se non si sfruttano si perdono. Inoltre, costituendo un diritto irrinunciabile, possono solo essere godute ma non monetizzate in busta paga. È la stessa Costituzione, infatti, che garantisce il riposo del dipendente, al fine di tutelarne la salute psicofisica.
La monetizzazione delle ferie è consentita solo in alcune ipotesi particolari. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, però, ha sancito che i giorni di riposo devono essere necessariamente pagati nel caso in cui al lavoratore spetti, oltre al TFR, l’erogazione di tutte le spettanze arretrate. Analizziamo la vicenda.
Ferie: a chi spettano ed in quale misura?
Tutti i lavoratori dipendenti hanno diritto a 4 settimane di ferie all’anno, cioè a 2,167 giorni al mese. Di queste 4 settimane, inoltre:
- 2 devono essere utilizzate entro la fine dell’anno nel quale sono state maturate;
- le restanti devono essere fruite entro i 18 mesi successivi al termine dell’anno nel quale sono state maturate.
Ad esempio, se un lavoratore ha maturato 4 settimane di ferie nel 2022, deve consumarne almeno 2 entro il 31 dicembre 2022 e, poi, le altre entro il 30 giugno 2024.
In caso contrario, l’INPS le valuterebbe, comunque, come godute, dal punto di vista contributivo. Il dipendente, quindi, finirebbe col perdere i contributi per i giorni di riposo vecchi e non fruiti entro i limiti stabiliti dalla legge. Tuttavia, è opportuno evidenziare che al lavoratore rimane il diritto di utilizzare le ferie successivamente, oppure di richiedere l’indennità sostitutiva, al momento della cessazione del rapporto di lavoro.
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Esiste un obbligo ad utilizzare i giorni di riposo maturati?
Al diritto del dipendente di accumulare ferie non godute per, poi, monetizzarle alla fine del rapporto di lavoro, corrisponde il diritto del datore di lavoro di non essere obbligato a dover liquidare una quantità eccessiva di giorni di riposo.
Per questo motivo, è il datore ad avere l’ultima parola su quello che il dipendente può fare per regolarizzare la propria posizione in relazione alle ferie.
Il Codice civile stabilisce che il titolare dell’azienda ha il potere di decidere il momento dell’anno destinato alle ferie retribuite, nel pieno rispetto del periodo predisposto dalle leggi e dai contratti collettivi.
In altre parole, il datore ha la facoltà di scegliere quando il dipendente deve sfruttare le ferie, senza il suo consenso. È necessario, tuttavia:
- rispettare i bisogni del lavoratore;
- assicurare la fruizione di almeno due settimane di ferie nell’anno in cui sono state maturate;
- permettere al dipendente di usufruire delle ferie entro 18 mesi dal momento della maturazione, salvo diverse disposizioni contenute nel contratto collettivo;
- indicare il periodo di ferie spettante al lavoratore con sufficiente anticipo.
Il Codice civile, però, precisa che il lavoratore deve poter svolgere la propria attività lavorativa e non deve essere costretto a situazioni di inattività. In tal caso, infatti, il datore è obbligato al risarcimento del danno, a meno che non provi che ha agito in tal modo per causa a lui non imputabile.
Quando il datore è costretto a pagare le ferie?
Esistono degli specifici casi in cui in cui il datore è obbligato a pagare le ferie al dipendente. Nello specifico, quando:
- termina il rapporto di lavoro. I giorni di riposo, infatti, non potranno più essere fruiti e, per tale motivo, devono essere monetizzati;
- le ferie sono state maturate ma non godute, nell’anno in cui si interrompe il rapporto di lavoro;
- i giorni di riposo sono stati maturati ma non goduti, in ragione di un contratto a tempo determinato durato meno di un anno;
- il contratto nazionale di riferimento stabilisce un periodo di ferie superiore a 4 settimane. I giorni ulteriori, quindi, vanno monetizzati.
La posizione della Corte di Cassazione
Di recente, la Cassazione ha statuito che sussiste un’altra ipotesi in cui bisogna pagare i giorni di riposo non fruiti. Quando, cioè, il datore non informa il lavoratore, anche formalmente, di dover utilizzare le ferie maturate ma non godute. Gli Ermellini, infatti, hanno condannato un’Azienda Sanitaria alla monetizzazione di 258 giorni di ferie non utilizzate da un dirigente medico, proprio perché non aveva mai ricevuto l’invito alla fruizione.
Per la decisione, la Suprema Corte ha tenuto conto della direttiva europea che esortai i tribunali a prendere in considerazione 3 elementi:
- il dipendente deve ricevere invito “se necessario formalmente” a godere dei giorni di riposo e deve ricevere comunicazione del fatto che “se egli non ne fruisce, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento”;
- bisogna scongiurare “una situazione in cui l’onere di assicurarsi dell’esercizio effettivo del diritto alle ferie annuali retribuite sia interamente posto a carico del lavoratore”;
- la perdita del diritto del lavoratore alle ferie non può esserci nell’ipotesi in cui il datore “non sia in grado di dimostrare di aver esercitato tutta la diligenza necessaria affinché il lavoratore sia effettivamente in condizione di fruire delle ferie annuali retribuite alle quali aveva diritto”.