Prevenire l’infarto è sicuramente la strategia migliore per evitare eventi fatali ma anche gravi conseguenze e disabilità.
Si pensa all’infarto e l’immagine è ovviamente quella più “nefasta”. Ma chi rimane in vita può manifestare conseguenze sulla salute molto importanti. Dunque prevenire le ricadute d’infarto è doveroso. E possiamo farlo attraverso numerosi progetti sinergici. Oggi però abbiamo un’ulteriore arma, che probabilmente rivoluzionerà il comparto delle malattie cardiocircolatorie.
Ad oggi, la mortalità per malattie cardiocircolatorie è altissima, nonostante si tratti di patologie conosciute e quindi meglio “gestibili”. Nel mondo, ogni anno muoiono quasi 18 milioni di persone. In Italia, siamo circa a 130 mila casi all’anno. Ma non è tutto.
Come si evince da un rapporto pubblicato sul sito dell’ISS, molto spesso chi sopravvive alla forma acuta dell’evento diventa malato cronico. Un’alta percentuale va incontro ad altri infarti nei successivi 12 mesi. Si innescano poi invecchiamento precoce e dunque disturbi correlati. Come quelli cognitivi, così come disabilità fisiche di vario genere e casi di invalidità permanente. L’infarto è una malattia sociale che costa molto.
Diviene ancora più fondamentale allora divulgare informazioni utili. Perché le malattie cardiocerebrovascolari si combattono efficacemente adottando stili di vita più sani ed equilibrati. Insieme a queste nozioni e ai farmaci già esistenti, oggi abbiamo un’ulteriore arma per diminuire drasticamente il numero di eventi e delle loro conseguenze. Ecco di cosa si tratta.
Al via i Test sull’uso di una proteina per prevenire l’infarto
È recentissimo uno studio promosso dall’Harvard Medical School di Boston. Lo scopo è quello di cominciare a testare su almeno 20 mila soggetti una nuova cura. Si tratta dell’uso di una proteina, la “apolipoproteina apoA-I“.
Viene chiamata “proteina spugna” perché sembra che agisca proprio così. Molto semplicemente, sarebbe in grado di ripulire le arterie dalle placche aterosclerotiche. E dunque “salvare” dai conseguenti infarti.
Ovviamente noi la “raccontiamo” più semplice ma gli scienziati hanno lavorato duramente per arrivare a ideare questa terapia. Che sarebbe quella di iniettare per via endovenosa proprio questa proteina. Al contatto con le placche, per motivi comprensibili soltanto a chi è del ramo, l’apolipoproteina comincerebbe ad attirarle. Riuscendo a staccarle dalle arterie. Come sappiamo, oggi la terapia consiste nell’evitare di far crescere (anche ulteriori) placche. In questo modo la “pulizia” sarebbe davvero profonda.
I trial e lo scopo della sperimentazione
Le persone sottoposte a questa nuova terapia, come dicevamo, saranno almeno 20 mila e verranno selezionate in tutto il mondo. Anche in Italia dunque. Nel nostro Paese verrà coinvolto l’IRCCS MultiMedica di Sesto San Giovanni.
Da un’intervista pubblicata su ANSA comprendiamo lo scopo dei test. Secondo le dichiarazioni di Roberto Pedretti, il direttore appunto del Dipartimento cardiovascolare dell’Irccs, uno degli obiettivi è impedire che dopo il primo evento se ne manifestino altri. Soprattutto durante i successivi 3 mesi, il periodo più critico per chi ha avuto un infarto.
Si tratta di un approccio del tutto innovativo rispetto alle terapie farmacologiche esistenti. E la buona notizia è che i primi effetti sembra siano molto incoraggianti.