Carta igienica più stretta e confezioni più piccole ‘il prezzo è lo stesso’ cosa succede? Così ci svuotano il portafoglio

Verrebbe quasi da ridere se non fosse un fenomeno molto triste. Lo Shrinkflation colpisce ancora: avremo meno “strappi” di carta igienica.

E si sa, le immagini di quando arriviamo in bagno e la carta igienica è finita non sono piacevoli. Possiamo farci una sana risata, certo, ma poi dobbiamo ammettere che “ci stanno fregando da tutte le parti. Il fenomeno dello Shrinkflation sta dilagando. Ecco cosa fare per difendersi. Anche nella stanza da bagno.

Carta igienica
Foto Canva

Shrinkflation è un termine complicato pure da ricordare, diciamocelo serenamente. È composto da due parole/concetti, ovvero “shrink” che significa “restringere”, e “inflation”, che ovviamente rimanda all’aumento del costo della vita. Accostare il “restringere” alla carta igienica mette un po’ i brividi. Insomma, non possiamo stare sereni nemmeno durante certi momenti intimi.

La carta igienica è solamente l’ultimo dei prodotti oggetto di questo fenomeno. Fenomeno che se non fosse descritto da una parola straniera composta potremmo definirlo in italiano semplicemente come “fregatura”. Di fatto, anche se come pratica è completamente legale, noi consumatori ci rimettiamo tanti soldi.

Dalla carta igienica ai beni alimentari, ecco come lo Shrinkflation ci svuota il portafogli

Come dicevamo poco sopra, questa “tattica” è completamente legale e viene usata soprattutto quando un brand lancia un nuovo prodotto. In pratica, semplicemente, sempre più spesso le aziende ridimensionano il packaging e il contenuto delle confezioni. Ma a noi, questo “miglioramento d’immagine” costa un bel po’.

Siamo abituati, ad esempio, al fatto che un pacco di pasta sia di diversi tagli: i più comuni, da mezzo chilo e da 1 chilo. E siamo abituati a pagare queste confezioni un determinato prezzo. Un noto marchio di pasta, tempo fa, lanciò un nuovo prodotto. Solo che nella scatola – delle dimensioni molto simili quelle usuali – ha confezionato 400 gr. di prodotto. Invece che 500. Il prezzo? Come se fosse mezzo chilo di prodotto. In sostanza, un aumento per il consumatore di circa il 20%.

Tantissime aziende hanno trovato questa “strategia” molto divertente, evidentemente. Ma soprattutto molto proficua. Ogni giorno, sotto i nostri occhi, qualcosa cambia e non ce ne accorgiamo. Rispetto a qualche tempo fa, ad esempio, è possibile che in una confezione impercettibilmente più piccola vi sia meno prodotto. Ma nella nostra memoria è come sempre, e quindi paghiamo convinti di aver acquistato la stessa cosa.

Alcuni degli esempi più eclatanti sono le tavolette di cioccolato: prima le acquistavamo in formati da 100 grammi. Ad oggi, le aziende le vendono in confezioni da 85, 75 o 90 grammi. Oppure delle bustine di Tè: se prima ne trovavamo 25, adesso siamo sulle 23. Stessa scatola, stesse – più o meno – dimensioni, stesso prezzo.

Che dire del classico detersivo per la lavatrice? Da 1,5 Litri è “passato misteriosamente” a 1,2. Persino i fazzoletti di carta, compagni di nostre “mille avventure”, sono passati da 10 a 9. L’ultima “fregatura” arriva dalla carta igienica: in una confezione simile a quella di qualche tempo fa, troveremo meno “strappi”.

Sembrano inezie ma a suon di grammi in meno – pagati di più – c’è chi fa festa e chi si impoverisce.

Come difendersi dal fenomeno dello Shrinkflation

Noi poveri consumatori finali, purtroppo, abbiamo poche armi contro questo fenomeno. Anche controllando bene grammatura e/o numero di articoli presenti in una confezione, non potremmo calcolare la differenza di prezzo. Avremmo dovuto memorizzare quelle precedenti. Possiamo solo attuare un’abitudine generica, che vale per risparmiare un po’ a prescindere.

Quando acquistiamo un prodotto, guardiamo sempre il prezzo al chilo. Così, indipendentemente dalla “resa finale”, capiremo meglio il valore e il costo del prodotto stesso. E potremo valutare se sia conveniente oppure no.

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