Nell’ambito di un workshop presso il CNEL, diverse proposte per modificare il quadro previdenziale e delle pensioni del nostro paese.
Obiettivo principale resta la lotta alle disuguaglianze tre generazioni.
Il discusso CNEL continua a rappresentare oggi l’organo di consulenza delle Camere e del Governo, per le materie e in base alle funzioni che gli sono state attribuite dalla legge. Ebbene, proprio da questo organo sono recentemente arrivate delle proposte per dare un nuovo volto al sistema previdenziale ed abbattere le disuguaglianze tra generazioni.
Il quadro previdenziale al momento non è confortante: da un lato la riforma delle pensioni, per la sua complessità, continua ad essere un obiettivo primario di difficile raggiungimento; mentre – dall’altro – sono moltissime le iniquità nel sistema pensionistico del nostro paese, sia all’interno delle singole generazioni che nel rapporto tra generazioni differenti.
Insomma, urgono risposte ma, prima ancora, idee e proposte nuove. Ecco perché è stato avviato un gruppo di lavoro, per raccogliere in una sorta di ‘libro bianco’, le proposte effettive di riforma previdenziale. Ciò peraltro tenuto conto delle prospettive del mercato del lavoro e del declino demografico. Al centro dell’iniziativa il CNEL.
Vediamo allora qualche ulteriore dettaglio sui possibili prossimi scenari pensionistici e su cosa potrebbe cambiare in futuro.
Pensioni: per il CNEL gli obiettivi restano flessibilità e abbattimento delle diseguaglianze tra generazioni
Il punto è che la riforma previdenziale non è più posticipabile: il paese deve modernizzarsi anche in questo campo, per far fronte agli obiettivi del PNRR e per rispondere alle richieste dell’Europa. Ma non solo. Le citate diseguaglianze delle pensioni e di tutto il mondo della previdenza – se non risolte – diverranno sempre più grandi e dannose per tutti i cittadini.
Queste sono considerazioni emerse nell’ambito del workshop dal titolo “Giustizia previdenziale. Come riformare pensioni e welfare”, che si è svolto lo scorso 24 giugno nell’ambito del CNEL e in collaborazione con la Commissione parlamentare di controllo sull’attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale.
Probabilmente il primo problema da risolvere è quello legato alla scarsità di flessibilità. In altre parole, quest’ultima deve rappresentare la pietra angolare e la bussola di riferimento per la riforma delle pensioni, mettendo finalmente al centro l’equità e il contrasto alle diseguaglianze tra generazioni.
Novità pensioni: le proposte concrete emerse nel workshop al CNEL
Scendendo un po’ più nel dettaglio, nel quadro del citato workshop una serie di proposte tese a modificare il sistema previdenziale in modo sostanziale. Vediamole in sintesi:
- introduzione di una apposita pensione contributiva di garanzia. Essa avrebbe il chiaro obiettivo di ridurre le disuguaglianze tra generazioni;
- previsione di un’APE sociale strutturale a carico dello Stato, che consenta un accompagnamento alla pensione in considerazione all’allungamento dell’aspettativa di vita;
- creazione di un sistema di limiti alla flessibilità, che deve però restare all’interno del sistema contributivo e delle pensioni.
Secondo quanto emerso nel workshop, proprio il sistema contributivo deve continuare ad essere punto di riferimento. Non deve essere rivoluzionato, ma deve certamente includere un costo proporzionato rispetto al beneficio per il lavoratore che vuole sfruttare il meccanismo dell’uscita anticipata.
Anche ciò è stato oggetto di discussione e riflessione nel recente incontro presso il CNEL, con la precisazione che si tratta di temi strettamente collegati ad altri – pur diversi ma comunque anch’essi rientranti in un disegno complessivo di riforma pensioni, fisco e lavoro. Pensiamo ad esempio alla revisione dei salari, per colpire le diseguaglianze, e alla stessa riforma del fisco.
Modificare il metodo contributivo è la soluzione?
Soprattutto, nel workshop si è discusso dell’opportunità di cambiare alcuni aspetti del sistema di calcolo contributivo introdotto nel 1995 con la riforma Dini. La sua introduzione fu mirata ad adeguare le pensioni al nuovo livello di longevità della popolazione ma, nel corso del tempo, non sono mancate modifiche e correttivi – a testimonianza che il sistema contributivo presenta alcune problematiche che hanno finito per aumentare le disuguaglianze tra categorie di lavoratori e generazioni.
Basse retribuzioni, mercato del lavoro instabile, scarsità di rapporti di lavoro a tempo indeterminato e accumulazioni di contributi ridotte hanno condotto a pensare di rivedere il metodo contributivo in modo sostanziale. Ben si comprende allora l’avvio del gruppo di lavoro, per raccogliere in un “libro bianco” proposte concrete di riforma pensioni, sulla scorta delle prospettive del mercato del lavoro e alla luce del declino demografico nel nostro paese.
Tra le possibili soluzioni, si è parlato ad es. di introdurre un trattamento pensionistico anche meno consistente e quantificato sulla contribuzione versata, ma collegato ad un supporto in termini di servizi di welfare a costo zero.
Riforma pensioni e potenziamento dell’APE sociale
Inoltre nel workshop si è parlato ampiamente della sopra citata APE sociale strutturale, in pratica un APE sociale potenziata in modo da rappresentare un concreto intervento di flessibilità a favore dei lavoratori svantaggiati. A guidare detta modifica il principio di uguaglianza sostanziale tra categorie di lavoratori.
In conclusione, vero è che il dibattito sulle pensioni prosegue tuttora senza aver raggiunto effettivi ‘punti fermi’; ma è altrettanto vero che tutti i contributi – compresi quelli emersi finora presso il CNEL – potranno costituire linee guida, in direzione di una riforma previdenziale davvero condivisa e all’insegna dell’equità tra lavoratori e generazioni.