È possibile conoscere l’importo della futura pensione in relazione allo stipendio percepito e alle caratteristiche della propria carriera.
Cresce la curiosità dei cittadini ancora occupati per capire quanti soldi percepiranno alla fine della propria carriera lavorativa. Esiste un metodo basato sullo stipendio.
Le modalità per conoscere in anticipo quanto si percepirà in pensione non sono uguali per tutti. L’importo finale, infatti, è legato, innanzitutto, al tipo di sistema di calcolo. Attualmente sono 3 quelli a disposizione: retributivo, misto e contributivo. Vi sono, poi, molti altri parametri e fattori, come la specifica Gestione previdenziale alla quale si è iscritti o la facoltà di usufruire di particolari agevolazioni e sconti, il genere, le aspettative di vita e la categoria alla quale si appartiene.
Informarsi per scoprire preventivamente quanto si guadagnerà da pensionati è un vero e proprio dovere, perché consente di intervenire nel caso in cui si riscontrino anomalie.
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Pensione: quanto si guadagna in relazione allo stipendio?
Una delle preoccupazioni più diffuse tra i lavoratori prossimi al pensionamento è quella di sapere la cifra del futuro assegno. Il calcolo della pensione non è un’operazione facile, perché bisogna tener conto di numerosi elementi, come, ad esempio, la paga annua del lavoratore, l’anzianità contributiva raggiunta e l’età anagrafica dell’interessato.
A tutto questo si aggiunge la circostanza che le regole variano di anno in anno e le leggi che si susseguono introducono modifiche spesso anche molto rilevanti.
Quel che è certo, però, è che l’importo della pensione è sempre minore rispetto a quello dello stipendio.
Per coloro che hanno iniziato a versare contributi entro il 31 dicembre 1995, si applica il sistema di calcolo misto. Dunque, la cifra della pensione è determinata in relazione a due quote. La prima, quella dei contributi pagati prima del 1996, si basa sul sistema retributivo; l’altra, invece, quella dei contributi versati dopo il 1996, sul sistema contributivo.
Per la quota che viene stabilita con il metodo contributivo, influisce sull’importo finale anche il coefficiente di trasformazione applicato al montante contributivo (ossia al totale dei contributi accumulati dal lavoratore). Per la quota retributiva, invece, l’assegno è predisposto prendendo in considerazione le retribuzioni ricevute negli ultimi 5 anni di attività lavorativa.
Tasso di sostituzione: che cos’è e perché è importante per il calcolo
Il tasso di sostituzione indica la cifra della pensione rispetto all’ultima retribuzione erogata al lavoratore. Si tratta di un valore che tende a diminuire nel tempo. Per i lavoratori sottoposti al calcolo tramite sistema meramente contributivo, il tasso di sostituzione è più basso rispetto alle percentuali che si sarebbero ottenute con il sistema retributivo puro.
Un esempio può aiutare a chiarire la situazione. Per una vita lavorativa regolare, il tasso di sostituzione corrisponde a circa il 55% della retribuzione media percepita. Applicando il sistema retributivo, invece, esso sarebbe del 90 o del 100%, con un importo della pensione, dunque, uguale a quello dello stipendio.
Quando lavorare di più conviene
Come già specificato, l’ammontare complessivo della pensione dipende da vari fattori, come l’età anagrafica e l’anzianità contributiva dell’interessato. Questo vuol dire che più tardi si smette di lavorare e si accumulano versamenti previdenziali, più elevato sarà l’importo dell’assegno pensionistico. Il coefficiente di trasformazione, infatti, aumenta in maniera percentuale all’aumentare dell’età e, quindi, questo porta alla possibilità di percepire una cifra maggiore.
Infine, maggiore è il montante contributivo (cioè il totale degli anni di contributi versati) e più elevata sarà la pensione erogata.