Con il compimento dei 67 anni, ogni lavoratore aspetta di poter accedere alla pensione. Non a tutti, però, sono riservati gli stessi strumenti.
Il raggiungimento dell’età anagrafica non assicura automaticamente il diritto alla pensione di vecchiaia. Ci sono, infatti, altri requisiti che devono sussistere per ottenere il pensionamento (che non è uguale per tutti).
Non tutti i lavoratori, dunque, percepiscono la pensione al raggiungimento dei 67 anni di età. Per coloro che ricadono in tale fascia anagrafica, infatti, la legge riserva 3 tipi di trattamenti previdenziali: la pensione di vecchiaia, la pensione minima e l’assegno sociale. Quali sono, dunque, i presupposti che devono intervenire per beneficiare di tali misure? È prevista una determinata anzianità contributiva?
Analizziamo i tre strumenti, sottolineandone le differenze e le peculiarità.
Pensione: basta il requisito dell’età anagrafica?
Quali sono le principali diversità tra i 3 trattamenti pensionistici?
- La pensione di vecchiaia è concessa al compimento dei 67 anni di età, ai lavoratori che hanno almeno 20 anni di versamenti previdenziali. L’importo dell’assegno è calcolato sulla base dei contributi versati nell’arco della carriera lavorativa e non dipende dal reddito personale o familiare;
- la pensione minima consiste nella cd. integrazione al trattamento minimo. Dunque, i beneficiari devono essere titolari di una pensione di vecchiaia. Inoltre, l’importo della stessa deve essere eccessivamente esiguo e, per tale ragione, necessita dell’integrazione a 525 euro. La legge, tuttavia, prescrive anche il possesso di specifici requisiti reddituali, sia personali sia coniugali;
- l’assegno sociale, infine, è un trattamento assistenziale. Per la sua erogazione, dunque, non bisogna aver versato i contributi, perché è accordato solo nel caso in cui non si percepiscano redditi o in presenza di redditi personali e coniugali molto bassi.
Come si può notare, questi 3 strumenti sono molto diversi tra di loro, perché poggiano su presupposti differenti e sono riconosciuti a categorie di soggetti differenti. La legge, in alcuni casi, riconosce ai beneficiari di tali misure anche ulteriori vantaggi.
Quali sono le ipotesi in cui si ha diritto a tali trattamenti pensionistici?
Può capitare, ad esempio, che un lavoratore compia 67 anni, ma non abbia 20 anni di contribuzione; in tal caso, non avrà diritto alla pensione di vecchiaia ed, eventualmente, sarà costretto ad attendere i 71 anni, utili per la pensione di vecchiaia contributiva. Al raggiungimento dei 67 anni, però, l’interessato potrebbe presentare richiesta per l’assegno sociale, in presenza di tutti i requisiti reddituali richiesti.
Dunuqe, vi è l’ipotesi della pensione di vecchiaia calcolata esclusivamente tramite il sistema contributivo. In questo caso, nonostante l’importo dell’assegno spettante subisca una cospicua penalizzazione, non si ha diritto all’integrazione al trattamento minimo. Quest’ultima misura, infatti, spetta soltanto sulle pensioni assoggettate al calcolo con sistema misto o retributivo ed, al contrario, non spetta sulle pensioni contributive.
In virtù di tali differenziazioni, non è sempre facile conoscere con esattezza a quale trattamento si ha diritto. Per ricevere assistenza, dunque, è consigliabile contattare un ente di Patronato, per ottenere
chiarimenti sulle strade a disposizione.