I giudici della Cassazione hanno stabilito che, per quanto attiene all’indennità di accompagnamento, in circostanze di revoca non è necessaria una nuova domanda per il ricorso. La sentenza di riferimento è la n. 14561 del 2022.
Con una sentenza di quest’anno, la Corte di Cassazione ha offerto utili precisazioni in merito all’indennità di accompagnamento, ed in particolare ha confermato che in ipotesi di revoca non occorre una nuova domanda per il ricorso.
Proprio così: come già accaduto varie volte in passato, la Suprema Corte ha fornito degli orientamenti validi per una pluralità di casi pratici che si possono presentare e, con la sentenza n. 14561 di quest’anno, ha chiarito che in circostanze di revoca dell’indennità di accompagnamento per invalidità civile, l’interessato non deve effettuare una nuova domanda amministrativa all’istituto di previdenza – onde fare ricorso. Non si tratta insomma di un requisito di cui tener conto.
In altre parole, i soggetti che abbiano intenzione di farsi riconoscere l’indennità in oggetto, possono rivolgersi direttamente al magistrato, allo scopo di far valere i propri diritti e consentire la verifica dell’esistenza dei requisiti necessari all’assegnazione dell’indennità di accompagnamento.
Indennità di accompagnamento e revoca: il contesto di riferimento e la sentenza n. 14561 della Cassazione
Come indicato dall’Inps nel suo sito web ufficiale, l’indennità di accompagnamento consiste in una prestazione economica, versata su domanda a favore dei soggetti mutilati o invalidi totali per cui è stata acclarata l’impossibilità di spostarsi e deambulare senza il supporto di un accompagnatore o l’incapacità di svolgere gli atti quotidiani della vita.
Detta prestazione o trattamento di invalidità è assegnato a tutti i cittadini che abbiano i requisiti sanitari residenti in forma permanente nel nostro paese, al di là del reddito personale annuo e dell’età. In virtù delle sue specifiche caratteristiche, l’indennità di accompagnamento può essere oggetto di revoca ma – come accennato in apertura – a ciò non segue l’obbligo di fare una nuova domanda amministrativa all’Inps, onde fare ricorso.
Perciò quest’ultimo può essere fatto in via diretta e proprio di ciò c’è stata conferma della Corte di Cassazione dall’accennata sentenza n. 14561, depositata il 9 maggio 2022. Più nel dettaglio, le persone che si sono viste annullare il versamento dell’indennità e vogliono contestare il provvedimento perché non lo ritengono giusto, possono rivolgersi direttamente al magistrato per far verificare l’effettiva sussistenza dei requisiti necessari per continuare a ricevere l’accompagnamento di invalidità. Potranno insomma procedere con l’impugnazione della decisione e potranno attivarsi al fine di continuare a fruire del trattamento di invalidità – senza una nuova domanda amministrativa.
Indennità di accompagnamento: quando scatta la revoca? Le ragioni
Ricordiamo che la revoca può essere stabilita per motivi che attengono ai requisiti sanitari. Nel dettaglio:
- rifiuto a svolgere accertamenti sanitari considerati obbligatori;
- mancata presentazione senza una ragione giustificata alla visita di revisione;
- miglioramenti delle condizioni di invalidità, tali da perdere la qualifica di beneficiario dell’indennità di accompagnamento.
Ma attenzione, la revoca dell’indennità di accompagnamento può essere disposta anche per il venir meno dei requisiti amministrativi. Ovvero:
- l’ottenimento di prestazioni incompatibili;
- la perdita del cosiddetto stato di incollocabilità al lavoro o del mancato ricovero in strutture sanitarie a spese dello Stato;
- il superamento dei limiti di reddito.
La svolta della sentenza della Cassazione in tema di indennità di accompagnamento e revoca
Ciò che è stato stabilito dalla Corte di Cassazione è molto importante sotto questo aspetto: fino alla sentenza citata l’orientamento generale consisteva nel prevedere la trasmissione di una nuova istanza, per acclarare che il soggetto fosse concretamente in possesso dei requisiti per l’assegnazione dell’indennità di accompagnamento. In pratica, senza questo specifico step non era possibile all’interessato effettuare il ricorso in ogni stato e grado del procedimento in tribunale. Questo perché secondo le regole vigenti si tratterebbe di accertare un nuovo diritto e non di confermarne uno già sussistente.
Ecco allora la menzionata svolta con la pronuncia della Cassazione dello scorso maggio, che ha stabilito una linea differente da quella finora utilizzata come riferimento. Come detto, in in caso di revoca non è necessaria una nuova domanda amministrativa all’Inps, per procedere con l’impugnazione della decisione mirata a continuare a fruire del trattamento di invalidità previsto dalla legge.
La Corte, dunque, traccia una nuova direzione e stabilisce che, in caso di revoca del trattamento di invalidità, per avviare l’azione di ricorso con l’obiettivo di accertare la presenza dei requisiti necessari non è necessario rispettare il requisito burocratico suddetto. Proprio questo giudice, analizzando l’ampia normativa in materia, ha considerato infatti che l’articolato sistema di verifica dei requisiti e il fatto che vi siano rigidi termini di decadenza per intraprendere l’azione giudiziaria sono elementi che non si combinano al meglio con l’obbligo di fare una nuova domanda amministrativa prima del ricorso.
Ciò infatti andrebbe a precludere la facoltà di conseguire una piena tutela giurisdizionale del diritto negato dal provvedimento preso dall’amministrazione (Inps) e andrebbe a scontrarsi dunque con i principi costituzionali. Così si spiega il cambio di rotta disposto dalla Cassazione.