La carenza di anidride carbonica potrebbe mettere a dura prova anche il settore della birra. Così come è accaduto con l’acqua frizzante.
Circa un mese fa si era diffusa la notizia che una nota azienda produttrice di acqua minerale aveva bloccato la produzione di acqua gasata perché mancava l’anidride carbonica.
L’anidride carbonica (CO2) è utilizzata in vari settori che vanno dal sanitario all’alimentare passando per l’economia. E proprio nel settore alimentare che l’anidride carbonica è più utilizzata. Oltre a rendere le acque o le bibite più effervescenti si usa anche per preparare i surgelati.
Birra a rischio per carenza di anidride carbonica: cosa succederà a questa bibita?
Il direttore di Coca-Cola Hbc Italia, Giangiacomo Pierini, ha dichiarato che “nello stabilimento di Nogara, in provincia di Verona, ci autoproduciamo l’anidride carbonica di cui abbiamo bisogno. È la nostra fabbrica più grande in Europa e questo ci consente di vivere questa ulteriore difficoltà per il nostro settore senza problemi”. Invece, nelle aziende italiane devono acquistare l’anidride carbonica.
Però, la mancanza di anidride carbonica porrebbe preoccupare in futuro anche i produttori di birra. Attualmente, in realtà, nessun produttore ha rilasciato dichiarazioni in merito.
Ma che rapporto c’è tra la birra e l’anidride carbonica? Infatti, la birra diventa “frizzante” dopo la seconda fermentazione in bottiglia oppure in tank (serbatoi o cisterne). Questo succede per l’effetto dei lieviti che consumano lo zucchero producendo alcol e anidride carbonica.
Però ci sono alcune birre industriali che, invece, utilizzano tale materia prima per renderle più effervescente, come succede con l’acqua e le altre bibite gassate. Se per il momento non preoccupa la carenza di anidride carbonica, il settore della birra sta comunque attraversando un momento di difficoltà. La causa è l’aumento dei costi delle materie prime.
Infatti, il presidente di Assobirra, Alfredo Pratolongo ha dichiarato che “L’attuale tempesta dei costi non sembra essere episodica e può generare effetti inflattivi, perdite di competitività, compromettere la ripresa e fermare gli investimenti da parte dei birrifici, nella distribuzione e nei canali di vendita, cioè lungo tutta la filiera brassicola”.