Quali sono le opzioni per un lavoratore con 23 anni di contributi che vuole andare in pensione. Scopriamo le alternative e quantifichiamole.
Aver accumulato 23 anni di contributi sono sufficienti per il pensionamento ma l’assegno percepito potrebbe non essere entusiasmante.
La normativa italiana prevede tanti scivoli pensionistici che permettono, in pratica, di uscire dal momento del lavoro a qualsiasi età e con qualsiasi anni di contributi maturati. Naturalmente occorrerà rispettare specifici requisiti e accettare alcuni compromessi. Generalmente uscire prima dal mondo del lavoro o avere pochi contributi versati significherà avere un importo dell’assegno pensionistico più basso. Soprattutto se il sistema di calcolo utilizzato è quello puramente contributivo (per contributi versati unicamente dal 1° gennaio 1996). Una buona anzianità contributiva, invece, porta ad una pensione più sostanziosa e solitamente è richiesta per accedere al pensionamento – basti pensare a quota 41 oppure a Quota 102 (rispettivamente 41 e 38 anni di contributi). Cosa devono aspettarsi, dunque, i lavoratori con 23 anni di contributi in prossimità del pensionamento?
In pensione con 23 anni di contributi, cosa sapere
Fino al 31 dicembre 2024 la pensione di vecchiaia sarà raggiungibile al compimento dei 67 anni di età avendo maturato 20 anni di contributi. Ciò significa che il nostro lavoratore con 23 anni di contributi versati potrà uscire dal mondo del lavoro a 67 anni senza problemi. Se il desiderio è non aspettare tanto per il pensionamento, allora ci sono gli scivoli di pensione anticipata da considerare.
Iniziamo con Quota 102 ma, come già detto, servono 38 anni di contributi per lasciare il lavoro a 64 anni. Solo soddisfacendo una condizione si potranno sfruttare i 23 anni di contributi. Poi c’è l’Ape Sociale dedicata ai caregiver, agli invalidi al 74%, a chi svolge mansioni gravose e ai disoccupati. Qui i contributi richiesti vanno dai 30 ai 35 anni. E la pensione anticipata ordinaria? Richiede 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne e 42 anni e 10 mesi per gli uomini a meno che non si soddisfi uno specifico requisito. Lo scivolo per le lavoratrici è Opzione Donna ma anche in questo caso servono almeno 35 anni di contributi. Qual è la conclusione?
La maggior parte dei lavoratori dovrà attendere la pensione di vecchiaia per andare in pensione con 23 anni di contributi.
Quale sarà l’importo dell’assegno pensionistico?
Poco più di venti anni di contributi sono insufficienti per rientrare nel calcolo interamente retributivo (contributi versati interamente entro il 31 dicembre 1995). Di conseguenza, i sistemi da valutare sono quello misto e quello totalmente contributivo. Il primo prevede di calcolare con sistema retributivo (basato sulle ultime retribuzioni ricevute) i contributi versati fino al 31 dicembre 1995 e con sistema contributivo quelli maturati successivamente a tale data.
Un lavoratore che ha maturato 8 anni di contributi entro il 1995 e 15 anni successivamente riceverà una pensione di 1.000 euro su una retribuzione annua di 30 mila euro. Il calcolo prevede l’applicazione dell’aliquota del 2% per ogni anno di contributi versati nella prima parte delle quote (2×8 quindi 16% di 30 mila) ottenendo come risultato 4.800 euro. La seconda parte tiene conto, invece, del montante contributivo di 148.500 euro (33% di 30 mila per 15 anni) e dell’applicazione del coefficienti di trasformazione che varia in base all’età del lavoratore. Con 67 anni è del 5,575%.
Si otterrà così 8.278,87 euro che andrà sommato a 4.800 euro per ottenere l’importo di un anno di pensione ossia 13.078,87 euro lordi. Con il sistema totalmente contributivo l’assegno pensionistico sarà ancora più basso, di 12.694,27 euro all’anno.