Il conto corrente è uno strumento che aiuta a gestire il proprio denaro. Ha un proprio codice identificativo, ovvero l’IBAN.
Questo identifica il proprio conto e può essere comunicato all’INPS per ottenere l’accredito TFR e TFS il più presto possibile.
Ma attenzione perché sul conto corrente sono in arrivo controlli molto rigidi per lavoratori e pensionati.
Che cosa è il minino vitale
Molti forse non sanno che il conto corrente in caso di determinate circostanze può essere pignorato. Ad esempio, quando non si pagano le tasse oppure le cartelle esattoriale.
Di conseguenza il Fisco può applicare la cosiddetta riscossione coatta, ovvero di “prende” macchina, immobili e anche conto corrente.
In quest’ultimo caso però, per i lavoratori dipendenti e i pensionati è valida la regola del minimo vitale. Cioè: se sul conto vi è una cifra tre volte l’assegno sociale questo non può essere pignorabile.
Attualmente, l’importo dell’assegno sociale è di 460,42 euro, quindi la cifra non pignorabile equivale a 1.381,26 euro. Eventualmente, il pignoramento sarà possibile solo sulle somme eccedenti tale cifra.
In pratica, se un pensionato o un lavoratore dipendente avesse sul conto 2.102 euro, il Fisco potrà pignorare solo 720,74 euro e lasciare sul conto il minimo vitale.
In realtà, il decreto Aiuti bis ha portato una novità sui limiti di pignoramento per i pensionati. Infatti, ha elevato il limite da 750 euro a 1.000 euro. In questo modo a differenza dei lavoratori dipendenti il minimo vitale dei pensionati è pari a 1,5 volte l’assegno sociale.
Conto corrente: se al minimo vitale non può essere pignorato neanche a questi lavoratori
Recentemente la cassazione ha stabilito che il pignoramento del conto corrente non potrà essere eseguito neanche per i liberi professionisti e né per gli autonomi.
Un’altra novità riguarda l’importo. Infatti, a differenza dei pensionati e dei lavoratori che hanno una cifra già stabilità, in questo caso dovrà essere il libero professionista a decidere quale è la somma giusta da considerare minimo vitale.
In seguito, però fissare questo limite spetterà al giudice che si baserà sulla situazione reddituale e patrimoniale secondo la documentazione presentata dal libero professionista o dal lavoratore autonomo.