Quota 102 ‘bis’ potrebbe essere il futuro della Quota 102 che sarà archiviata a fine anno. I costi sarebbero sostenibili e il cantiere sul futuro della previdenza e pensioni è pronto a riaprire subito dopo l’insediamento del nuovo Governo.
In attesa di una riforma previdenziale davvero strutturale, che superi – come molti auspicano – la legge Fornero e costituisca un nuovo punto di riferimento in materia di pensioni, ecco che il nuovo Governo appena insediatosi lascia trasparire quello che potrebbe essere il nuovo meccanismo di Quota 102-bis.
Ebbene sì, si tratterebbe in verità di una Quota 100 ‘flessibile’ con margini per una Quota 102-bis. In termini pratici saremmo innanzi alla possibilità di andare in pensione al compimento di 61 anni con 41 anni di contribuzione regolarmente versata, ma anche alla facoltà di uscita dal lavoro per coloro che hanno un’età compresa tra i 61 e i 66 anni, che abbiano versato almeno 35 di regolari contributi.
Davvero si tratta di progetti realmente attuabili da parte del nuovo Esecutivo o, piuttosto, si tratta di una semplice idea che, almeno per il momento, non ha nulla di ‘ufficiale’? Vediamolo insieme nel corso di questo articolo.
Quota 102-bis pensioni: cosa farà il Governo nel breve termine?
Dopo l’insediamento del nuovo Governo ecco che i primi dossier compaiono sulla scrivania dei neo-ministri: Marina Elvira Calderone, neo Ministro del lavoro, dovrà in particolare occuparsi di uno dei dossier più complessi, ma al contempo urgenti, del nuovo governo. Lo abbiamo accennato in apertura: si tratta della riforma delle pensioni.
Il punto è che siamo arrivati ad un ‘bivio’: infatti a fine anno scadrà “Quota 102”, vale a dire il ben noto ‘correttivo’ che di fatto consiste in uno scivolo per lasciare anticipatamente il lavoro con 64 anni di età e 38 anni di contribuzione regolarmente versata. Se non ci sarà la riforma delle pensioni a partire dal primo gennaio 2023 ecco il ritorno all’applicazione tout court della legge Fornero, con il noto ‘scalone’ e il pensionamento che tornerebbe a 67 anni.
Nelle prossime settimane, con una legge di Bilancio da scrivere, non vi saranno molti margini per fare grossi passi avanti in materia previdenziale. Agli organi di informazione il ministro Calderone ha chiarito che riprenderà il filo del discorso su questi delicati temi, facendo ripartire il tavolo di confronto con i sindacati, che già ha caratterizzato il governo Draghi. Proprio l’inizio della guerra in Ucraina ne aveva però determinato la sospensione.
Proposte di riforma in materia di pensioni: quali sono le possibili soluzioni?
In questo periodo le ipotesi non sono mancate: tra le tante uno studio tecnico da parte della Fondazione dei consulenti del lavoro si è occupato dell’ipotesi di pensionamento a 60 anni con 35 di contributi, ma non c’è soltanto questo. A riprova che trovare una sintesi in tema di riforma pensioni è molto arduo almeno al momento.
Dal confronto tra sindacati e governo Draghi non erano giunti risultati sostanziali sul tema dell’uscita anticipata dal mondo del lavoro. Vero è però che il precedente Esecutivo aveva indicato uno scivolo anticipato dai 64 anni di età, ma con un ricalcolo contributivo dell’assegno previdenziale. Idee diverse nei sindacati, i quali hanno indicato finora una doppia alternativa:
- uscita anticipata dai 62 anni di età;
- quota 41 per tutti.
Su queste proposte ripartirà il dialogo nel mondo delle istituzioni, tenuto conto che la riforma pensioni è un’urgenza che non potrà più essere rimandata a lungo. Lo esige l’attuazione del PNRR, peraltro.
Ecco perché i tecnici sono già al lavoro in questi primi giorni di Governo Meloni: obiettivo basilare è comprendere quali potranno essere i costi delle varie soluzioni, per cambiare il volto della previdenza in Italia e non tornare alla controversa legge Fornero.
Pensioni, ipotesi Quota 102 bis: come potrebbe funzionare?
Anche l’istituto di previdenza, ovvia parte in causa in questi argomenti, avrebbe richiesto al nuovo Esecutivo qualche studio e simulazione sulla riforma pensioni che potrebbe essere in futuro. Ci riferiamo in particolare alla sopra accennata ipotesi di Quota 41 “ammorbidita”, oppure una Quota 102 bis.
In sintesi il nuovo meccanismo previdenziale sarebbe fondato sui seguenti punti:
- permettere nel 2023 di pensionarsi con 41 anni di contributi e 61 anni di età;
- per il primo anno di attuazione la spesa per lo Stato su questa soluzione previdenziale ammonterebbe a circa 700 milioni di euro.
In verità secondo le stime fatte dagli ‘addetti ai lavori’ la soluzione sarebbe compatibile con i conti pubblici e una legge di Bilancio, che quest’anno potrebbe non lasciare grosso spazio ad ampie riforme pensioni. Come detto, siamo però ancora sul terreno delle ipotesi e anche questa proposta andrà discussa a fondo con i sindacati.
Tuttavia di questa Quota 41 ‘alleggerita’ potremmo sentir parlare ancora e non è affatto escluso che l’ipotesi di riforma si concretizzi in futuro. Altra possibilità di riforma pensioni prende il nome di “Opzione Uomo” ed è un meccanismo non così diverso da “Opzione Donna”, la quale prevede il pensionamento anticipato a 58 anni con 35 di contributi con ricalcolo contributivo dell’assegno.
Pensioni: due istituti che molto probabilmente saranno confermati
Infine, non dimentichiamo che anche il meccanismo di pensionamento anticipato di Opzione Donna terminerà proprio a fine anno, come Quota 102. Analogamente sarà per l’Ape Sociale, ovvero l’assegno previdenziale che agevola l’uscita dal mondo di lavoro a 63 anni per chi compie lavori gravosi.
Ma su questi due istituti non vi dovrebbero essere sorprese: in considerazione della buona esperienza di entrambi, la conferma per il 2023 è quasi scontata anche perché alle casse dello Stato non sono costati eccessivamente. Mentre come accennato, il dibattito sulla riforma pensioni è ormai prossimo ad essere ripreso nel merito, costituendo tema centrale dell’agenda di Governo.