Ci sono dei casi in cui la maggiorazione contributiva non influisce sull’importo della pensione per invalidi. Ecco quando accade.
La maggiorazione contributiva è un beneficio che la legge riconosce nei confronti dei soggetti che possiedono l’invalidità civile.
Se, infatti, hanno una percentuale di invalidità uguale o superiore al 74%, le persone disabili hanno diritto ad una maggiorazione contributiva pari a 2 mesi per ogni anno di lavoro svolto. La soglia massima è di 5 anni su almeno 30 anni di servizio realmente svolto. Tale maggiorazione vale sia per il diritto sia per la misura dell’assegno pensionistico.
Inoltre, a parte l’assegno di assistenza e la pensione di invalidità, un soggetto invalido può richiedere anche l’Assegno Ordinario di Invalidità civile (erogabile solo con una percentuale compresa tra il 67% e il 99%) o la pensione di inabilità lavorativa (in tal caso, è richiesta un’invalidità al 100%). Le indennità assistenziali appena citate hanno un importo che varia a seconda dei contributi che il lavoratore disabile ha pagato.
La maggiorazione legata alla contribuzione figurativa, però, non prevede sempre un incremento dell’ammontare della pensione. Per quale motivo? Analizziamo la disciplina normativa e scopriamolo.
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Maggiorazione contributiva: quali effetti sulla pensione invalidi
Gli invalidi civili con una percentuale di disabilità uguale o maggiore del 74% possono ottenere un importante beneficio sul fronte della pensione, ossia la cd. maggiorazione contributiva. Come abbiamo già sottolineato, essa è utile sia per la maturazione del diritto alla pensione sia per la sua misura.
Tale principio generale, però, conosce delle eccezioni. Ci sono delle ipotesi, infatti, in cui la contribuzione figurativa non innalza l’importo dell’assegno previdenziale. Questo accade con le pensioni che vengono calcolate con il solo sistema contributivo puro.
La maggiorazione contributiva, purtroppo, non ha alcuna valenza sul montante contributivo, cioè sull’insieme delle quote di retribuzione maturate per ogni anno di lavoro svolto. Nello specifico, un lavoratore dipendente mette da parte il 33% del suo stipendio lordo in questo “contenitore”, che è costituito dalla retribuzione pensionabile.
Qualora la pensione dovesse essere calcolata in base al sistema contributivo, dunque, non ha alcuna importanza il numero di anni per i quali è stata svolta attività lavorativa. È importante, invece, l’ammontare della cifra versata a titolo di contribuzione.
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Quando valgono i contributi figurativi?
Se il montante contributivo non si incrementa, allora neanche la maggiorazione contributiva fa crescere la rata della pensione calcolata con il sistema contributivo puro.
La situazione è, invece, differente nel caso in cui l’assegno pensionistico sia determinato tramite il sistema retributivo puro (che riguarda solo gli anni di contributi versati entro il 31 dicembre 1995) oppure tramite il sistema misto. Quest’ultimo metodo considera i contributi versati entro il 31 dicembre 1995 (a cui si applica il sistema retributivo) e quelli versati a partire dal 1996 (che seguono il sistema contributivo).