Di fatto superando l’impostazione dell’Inail sul tema, per la Cassazione il mobbing può essere alla base di una malattia professionale e, se adeguatamente provata dal lavoratore, implica l’obbligo dell’Inail di pagare un indennizzo alla vittima.
In tema di mobbing e sua configurazione pratica, arrivano importanti precisazioni da parte della Corte di Cassazione.
Secondo questo giudice, in particolare, la malattia professionale deve infatti essere considerata una patologia contratta non soltanto per la lavorazione pratica in sé, ma anche a causa delle modalità di effettuazione del lavoro.
Con un recente provvedimento della Suprema Corte è stato evidenziato, infatti, che a favore del lavoratore vittima di mobbing ricorre l’obbligo di indennizzo gravante sull’Inail, perché dal mobbing possono emergere ansia e depressione. Vediamo più da vicino questi temi, attuali e sicuramente meritevoli di attenzione.
Cos’è il mobbing in breve
Prima di affrontare la questione della possibilità di indennizzo in caso di ansia o depressione legate a fenomeni di mobbing, vediamo in sintesi in che cosa consiste quest’ultimo. Ebbene, il mobbing sul lavoro altro non è che una serie comportamenti connotati da violenza fisica e / o psicologica, ripetuti nel corso del tempo ad opera di superiori e / o colleghi di lavoro.
Proprio il fattore durata del mobbing è alla base della lesione del diritto alla dignità personale e professionale, ma è anche minaccia concreta per il diritto alla salute del singolo lavoratore vittima.
In sintesi la pratica del mobbing è data dalle vessazioni continue contro il dipendente o il collega di lavoro, usando diversi metodi di violenza psicologica ma anche talvolta fisica. Lo scopo effettivo del mobbing non è soltanto recare un danno effettivo al lavoratore che lo subisce, ma anche indurlo – tramite le dimissioni – ad abbandonare il posto di lavoro, al posto del licenziamento.
Indennizzo causa mobbing: per la Cassazione è fondato sul danno alla salute
Come accennato in apertura, per la Cassazione vale l’indennizzo per il lavoratore vittima del mobbing e proprio l’Inail è il soggetto obbligato a versarlo, se a seguito delle condotte vessatorie emergono disturbi di ansia o depressione.
E ciò nonostante in passato proprio l’istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro abbia riconosciuto il mobbing come un evento traumatico in grado di condurre ad uno stress cronico, ma senza qualificare quest’ultimo come malattia professionale. L’Istituto fa riferimento ad una sorta di conflitto nell’ambiente di lavoro prodotto da una grave e persistente distorsione dei rapporti interpersonali, tale da provocare gravi sofferenze psichiche e, spesso, alterazioni importanti e durature dell’umore e della personalità del lavoratore.
Di fatto – anche se secondo l’Inail non si tratterebbe di malattia – il mobbing è in grado di arrecare un danno importante. E per la Cassazione, idoneo a giustificare l’indennizzo a favore del lavoratore, qualora quest’ultimo manifesti problemi di ansia e depressione causate dal mobbing stesso.
Anzi proprio la sistematicità e la ripetitività degli episodi di mobbing nel corso del tempo sono tali da far insorgere problemi di salute nella vittima.
Gli effetti del mobbing nel corso del tempo giustificano l’indennizzo
Nei provvedimenti in cui la Cassazione si è trovata a doversi esprimere su casi di mobbing, il suo orientamento è apparso costante nell’inquadrare il fenomeno. Gli effetti del mobbing a livello psicofisico possono essere svariati. La tipica conseguenza del mobbing – come ha sottolineato l’Alta Corte – è l’ansia e / o depressione, le quali si manifestano anche al di fuori dell’ambiente lavorativo. In caso di mobbing, i medici hanno parlato altresì di disturbi post-traumatici da stress, ovvero tali da manifestarsi dopo il momento nel quale si verifica l’evento traumatico.
In circostanze come queste il lavoratore è di fatto quasi ‘condotto’ alle dimissioni, perché prima dell’insorgenza di ansia e depressione, subentrano le sensazioni di inadeguatezza e non adattabilità al contesto di lavoro, mentre l’incertezza e la paura di sbagliare si fanno strada – tanto da limitare le azioni del lavoratore. Ne fanno le spese l’autostima come pure le performance lavorative, e il rischio di critiche sul proprio operato – da parte del datore di lavoro – si fa più alto.
Attenzione però: per arrivare all’indennizzo, il lavoratore deve provare il proprio stato di salute peggiorato. E potrà farlo soltanto con una certificazione medica ad hoc, onde attestare che questi atteggiamenti patiti in ambito lavorativo hanno oggettivamente causato un peggioramento della propria salute psicofisica. In estrema sintesi, proprio sul lavoratore ricadrà l’onere della prova di aver subito il mobbing.
Il danno da mobbing è qualificabile come malattia professionale
Ecco perché una ordinanza della Cassazione del 25 ottobre scorso ha fissato che ansia e depressione da mobbing possono essere oggetto di indennizzo da parte dell’Inail. Come accennato in precedenza il motivo è il seguente: il lavoratore ha diritto all’indennizzo di una malattia professionale anche quando questa non è collegata a specifiche lavorazioni pericolose, ma all’organizzazione del lavoro e dalla sua modalità di attuazione. Il riferimento è quindi al mobbing e la Cassazione qualifica il danno da mobbing come malattia professionale. E proprio per questo indennizzabile da parte dell’Inail.
Conta ovviamente l’accertamento da parte del medico, ma quando questi acclara che un lavoratore è in stato d’ansia o depresso a causa della sua situazione di lavoro, l’Inail deve comunque indennizzare la vittima. Per la Cassazione infatti non si può fare una distinzione tra malattia fisica e malattia psichica, nel caso in cui il problema alla salute ha comunque avuto origine dall’ambiente di lavoro.