Il lavoratore che manca dall’ufficio o da un altro posto di lavoro per malattia non può essere licenziato, fino a quanto non supera un numero massimo di giorni di assenza previsto dal contratto collettivo di settore. Si tratta del periodo di comporto. Da quando si calcola?
Tra le tutele a favore del lavoratore subordinato molto importante è cosiddetto periodo di comporto.
Infatti non dobbiamo dimenticare che il dipendente assente dal lavoro per malattia o infortunio non può essere licenziato senza che sia oltrepassato un numero massimo di giorni di assenza dal lavoro, di cui si trova traccia nel Ccnl di categoria.
Nel corso di questo articolo intendiamo fare chiarezza su una questione che non pochi lavoratori si pongono o potrebbero porsi: da quando si calcola il periodo di comporto? Ovvero quale giorno deve essere preso come riferimento per il conteggio dei giorni di copertura e nell’ambito dei quali il lavoratore ha il posto di lavoro garantito? Lo scopriremo di seguito, non prima però di aver chiarito quando effettivamente ricorre il periodo di comporto. I dettagli.
Periodo di comporto: che cos’è? Il contesto di riferimento
Ebbene, i casi concreti possono essere innumerevoli. Pensiamo al dipendente che è assente da alcuni mesi per malattia e non ha certezza del momento in cui rientrerà a lavoro a causa delle peggiorate condizioni di salute. In questi casi, è assolutamente comprensibile temere di perdere l’occupazione, perché si considerano le ragioni organizzative e produttive del datore di lavoro e il fatto che, prima o poi, l’azienda avrà necessità di sostituire chi si assenta per molto tempo.
Ma che cos’è dunque in concreto il periodo di comporto? Importante è capirlo perché ci si può legittimamente domandare se al termine di esso, il datore di lavoro ha diritto di recedere unilateralmente dal contratto con il licenziamento.
Vero è che la malattia consiste in uno di quegli eventi che permette al lavoratore di assentarsi dal lavoro, senza temere una eventuale contestazione disciplinare o addirittura una sanzione vera e propria. Infatti la legge e i vari Ccnl dispongono che il dipendente malato mantenga il posto di lavoro per un periodo di tempo: questo prende il nome di periodo di comporto. La durata di ogni periodo varia in base a che cosa indica un certo Ccnl piuttosto che un altro.
Di fatto dunque il periodo di comporto è pari al numero massimo di assenze per malattia che possono essere effettuate dal dipendente nel corso dell’anno. Se questo periodo viene oltrepassato, il datore di lavoro ha diritto – ma non il dovere – di optare per il licenziamento del lavoratore. Ciò a patto che il Ccnl di riferimento non includa la cd. aspettativa non retribuita come ulteriore strumento di tutela del lavoratore.
Perché è previsto il periodo di comporto?
Accenniamo al fatto che i vari Ccnl hanno previsto due possibili tipologie di periodo di comporto, ovvero:
- nel comporto secco il periodo massimo di assenza si calcola per ciascun singolo episodio di malattia. Tutti i giorni di malattia vengono fruiti in modo consecutivo;
- nel comporto per sommatoria il lasso di tempo di conservazione del posto si calcola inserendo tutte le assenze per malattia che il lavoratore ha fatto entro un determinato periodo di tempo. Ovvero i giorni di malattia previsti sono fruiti in vari momenti dell’anno.
Interessante notare che il comporto per sommatoria rappresenta altresì un mezzo di contrasto all’assenteismo in quanto il lavoratore sa che le assenze compiute, si computeranno nel periodo di comporto.
D’altronde la legge non impedisce ad un lavoratore di avere una malattia, ma ovviamente ciò che vieta è l’approfittarsi di una malattia, vera o inesistente che sia, per fare meno ore di lavoro prendendo comunque lo stipendio. Per questo legge e Ccnl tutelano il lavoratore che deve curarsi per una malattia ma anche le aziende le quali, comunque, debbono curare il profitto e non possono pagare a vita un dipendente assente per un numero imprecisato di giorni.
Da quando si calcola il periodo di comporto?
Molto importante è sapere come si calcola e da quando si calcola il periodo di comporto, perché in questi casi il datore di lavoro non è assolutamente tenuto a avvertire il dipendente sul numero di giorni di malattia già usati nel corso dell’anno. Onde evitare brutte sorprese, è un dato che va conosciuto dal lavoratore.
In base a quanto disposto nei contratti nazionali di categoria, il periodo di comporto può essere quantificato prendendo come punto di riferimento due distinti archi temporali, ovvero:
- l’anno di calendario che parte il primo gennaio e finisce il 31 dicembre;
- l’anno solare pari a 365 giorni che può cominciare in ogni momento dell’anno.
E veniamo al dunque: il periodo di comporto si calcola dal primo giorno di malattia. Dal punto di vista pratico ciò significa che se un contratto del lavoratore indica un periodo di comporto di tre mesi dal primo gennaio al 31 dicembre, e il dipendente resta a casa un mese dal primo maggio al 31 causa malattia, egli potrà fruire ancora di due mesi di copertura dal primo giugno al 31 dicembre.
Infine, ricordiamo che per il calcolo del periodo di comporto (sia secco che per sommatoria) sono presi in considerazione – a patto che il singolo Ccnl non dica diversamente – anche i giorni non lavorativi – ovvero sabato, domenica e le festività infrasettimanali – inclusi nel periodo di malattia.