Sono ancora numerosi i dubbi relativi ai permessi Legge 104 del 1992. Uno dei più diffusi riguarda l’eventualità di dover giustificare l’assenza.
I lavoratori del settore scolastico che si assentano da lavoro per usufruire dei permessi Legge 104, hanno l’obbligo di motivare tale assenza?
I permessi Legge 104 sono un beneficio fondamentale per i lavoratori disabili e per i loro familiari caregivers. Si tratta di periodi di assenza dal lavoro retribuita, fruibile anche in maniera frazionata, ad ore. Spettano ai lavoratori dipendenti che assistono un familiare disabile grave e ai dipendenti portatori di handicap grave (affinché assolvano alle proprie necessità di cura). In totale, i permessi Legge 104 sono 3 al mese.
Approfondiamo, dunque, la normativa relativa a tale agevolazione, con un focus particolare sui lavoratori del settore scolastico.
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Permessi Legge 104: i diritti degli insegnanti
Un nostro gentile Lettore ci ha inviato tale quesito:
“Salve, sono un insegnante. Ho iniziato, da poco, ad usufruire dei permessi Legge 104 del 1992. Mi chiedevo se avessi l’obbligo di giustificare i giorni di assenza. Grazie in anticipo.”
Innanzitutto, specifichiamo che i giorni di permesso devono essere comunicati con anticipo al dirigente scolastico, tranne per “dimostrate situazioni di urgenza”. È quanto stabilisce la Circolare n. 13/2010 del Dipartimento della funzione pubblica. Il diritto dell’insegnante, infatti, non può comunque recare un danno all’organizzazione della scuola e, dunque, il preavviso serve per sostituire il lavoratore assente in tempo e garantire il corretto svolgimento delle attività didattiche.
Nei 3 giorni di permesso mensili, inoltre, al lavoratore spetta la normale retribuzione da parte dell’INPS, per tramite del datore di lavoro. Il dipendente, dunque, non è tenuto a motivare la propria assenza per fruire dei permessi Legge 104.
Allo stesso tempo, la scuola non può negare il corretto utilizzo dell’agevolazione. Per mere ragioni organizzative, è prassi semplicemente decidere, insieme al datore, la specifiche modalità di fruizione dei permessi. Spetta solo all’INPS, dunque, accertare se il richiedente ha realmente diritto ad utilizzare i giorni di assenza. Il datore di lavoro può solo prendere atto della decisione dell’Istituto di previdenza, ma non può esercitare il veto sull’impiego del congedo.
Fruizione dell’agevolazione e ricovero
Il lavoratore può richiedere i giorni di permesso, per assistere un familiare ricoverato? Di recente, la Corte di Cassazione ha sancito che “il lavoratore può usufruire dei permessi per assistere il familiare ricoverato presso strutture residenziali di tipo sociale, come case- famiglia, comunità- alloggio o case di riposo; esse, infatti, non forniscono assistenza sanitaria continuativa. Non può, invece, usufruire dei permessi in caso di ricovero del familiare da assistere presso strutture ospedaliere o, comunque, strutture pubbliche o private che assicurano assistenza sanitaria continuativa”.
Questo significa che, se la struttura in cui il disabile è ricoverato non eroga un’assistenza sanitaria continua (ad esempio le case di riposo), non ci sono impedimenti alla regolare fruizione dei permessi Legge 104. L’impossibilità di utilizzare i 3 giorni mensili di assenza retribuita, invece, sussiste se il familiare da accudire è ricoverato a tempo pieno in una struttura ospedaliera o simile, pubblica o privata, che assicura assistenza sanitaria continua (come le RSA).
Permessi Legge 104: è necessaria la convivenza?
Cosa deve intendersi per “convivenza”, a fini della fruizione dei giorni di permesso? È sufficiente il domicilio nella stessa abitazione della persona disabile da accudire? Per ottenere i permessi ai sensi della Legge 104 del 1992, bisogna considerare la residenza della persona e, dunque, non ci si può affidare al domicilio. Tuttavia, in alcune ipotesi, per facilitare l’assistenza del disabile, può essere presa in considerazione anche la dimora temporanea, certificata attraverso la relativa Dichiarazione Sostitutiva.
Consulta il seguente approfondimento: “Permessi legge 104: residenza o domicilio per godere dei 3 giorni al mese?”
Anche il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali è intervenuto sul tema, con Lettera circolare n. 3884 del 18 febbraio 2010. Ha sottolineato che la residenza nello stesso stabile, ma presso interni diversi, non limita in alcun caso l’effettività e la continuità dell’assistenza al malato.
Di conseguenza, la nozione di “convivenza”, non coincide necessariamente con la coabitazione, ma si riferisce a tutti qui casi in cui, sia il disabile sia il suo caregiver hanno la residenza nello stesso Comune, allo stesso indirizzo e presso lo stesso numero civico, anche se in interni (cioè appartamenti) differenti.
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