Auspicato a breve un iter parlamentare autonomo per una riforma pensioni strutturale nel 2023.
Tanti i temi sul tavolo ma la neo Ministra del lavoro appare consapevole che i lavori del cantiere previdenza non possono durare all’infinito. Quali novità ci attendono?
Positive notizie in arrivo per la tanto attesa riforma pensioni 2023. Se è vero che il nuovo Governo intende tagliare alcuni bonus ed agevolazioni, per risparmiare sulle risorse necessarie per aiutare cittadini, famiglie ed imprese alle prese con il caro vita e l’aumento delle bollette energetiche, è altrettanto vero che in queste settimane il dibattito sul futuro della previdenza in Italia è proseguito, arrivando – forse – ad una svolta.
Ebbene sì, le ultime dichiarazioni della Premier Meloni e del Ministro del lavoro Calderone lasciano intendere che sono stati fatti passi avanti verso una revisione strutturale del sistema delle pensioni in Italia. Pertanto, come stanno realmente le cose in fatto di previdenza? Cosa dobbiamo aspettarci per i prossimi mesi? Scopriamolo insieme nel corso di questo articolo.
Riforma pensioni 2023: il contesto di riferimento tra le esigenze attuali e quelle future
In realtà nella redazione del testo della prossima legge di Bilancio, ovvero il testo chiave che deve essere approvato entro fine anno e che l’Esecutivo a breve presenterà in Parlamento, l’argomento pensioni e previdenza sarà oggetto di analisi e valutazione soltanto in piccola parte. Questa la linea tracciata dal neo Presidente del Consiglio nel discorso programmatico di presentazione del suo Governo alle Camere. Al momento infatti prevalgono necessità contingenti nell’agenda dell’Esecutivo.
Ma non sono mancati cenni al tema previdenziale, che pur resta uno dei punti principali del programma e un tema di confronto con i sindacati. Di fatto però nel Governo è emersa le consapevolezza che almeno per la restante parte del 2022, gran parte delle risorse finanziarie saranno destinate a rendere un po’ meno gravoso il costo delle bollette energetiche per famiglie ed aziende.
Per questo sul fronte pensioni, le più immediate novità atterranno al rinnovo delle regole in scadenza alla fine dell’anno: ecco allora la proroga di Opzione Donna e dell’Ape Sociale, ma non solo.
>>Riforma pensioni: Quota 41 l’escamotage per evitare lo ‘scalone’ nel 2023
Proroga di Quota 102? La rivisitazione del meccanismo è in cantiere
In verità non c’è soltanto questo sul tavolo: molto probabile è infatti una revisione di Quota 102, e non un addio definitivo, così come invece è stato per l’esperienza sperimentale di Quota 100, terminata il 31 dicembre 2021.
Si ipotizza infatti una Quota 102 con caratteristiche diverse, sul piano del requisito anagrafico e contributivo, nei termini seguenti:
- quota di 41 anni di contributi;
- soglia d’età minima per accedere al trattamento pensionistico pari ad almeno 61 anni.
Si tratterebbe peraltro di una mossa per accogliere le richieste in tema di pensioni e previdenza fatte dal leader della Lega, Matteo Salvini, che da molto tempo sostiene l’utilità di Quota 41. Il meccanismo dunque prenderebbe forma, ma in una forma ‘light’ che include infatti anche un requisito anagrafico.
Prospettive di riforma pensioni 2023: occorrerà correggere la riforma Dini del 1996?
Ma non è finita qui perché nel Governo è già emerso un disegno di quella che potrebbe essere la riforma pensioni del futuro. Infatti, come reso noto dalla Presidente del Consiglio nel suo discorso alle Camere, la riforma pensioni rispetterà questi due fondamentali punti di riferimento:
- la facilitazione della flessibilità in uscita, attraverso l’introduzione e l’utilizzo di meccanismi pensionistici compatibili con la tenuta di tutto il sistema previdenziale;
- garanzia nei confronti delle giovani generazioni di vedersi attribuito un assegno previdenziale adeguato.
Proprio quest’ultimo punto indica implicitamente che va rivisto il meccanismo di calcolo attuale, il quale – se conservato nel corso del tempo – finirebbe per penalizzare proprio i più giovani.
Infatti c’è un dettaglio molto importante e che il Governo in carica sembra aver ben chiaro: a seguito dell’istituzione della riforma Dini dal 1996 e dell’introduzione del sistema contributivo, gli assegni delle pensioni con il passare del tempo stanno perdendo sempre più consistenza. Ecco perché non pochi osservatori ed esperti del mondo della previdenza chiedono un tempestivo intervento correttivo sulla riforma della seconda metà degli anni ’90 del secolo scorso, attuata al fine di superare il calcolo retributivo, ma – evidentemente – non esente da difetti e punti deboli.
Conclusioni
Proprio il Ministro del lavoro ha già rilasciato dichiarazioni che lasciano trasparire una certa consapevolezza di queste problematiche e delle soluzioni da varare. Ecco perché non sono mancati e non mancheranno gli incontri con le parti sociali: nel cantiere pensioni dunque vi sono forme di flessibilità e il dato di fatto per cui – al di là degli interventi che sarà possibile fare entro il 2022 – c’è la necessità di intervenire con una riforma integrale, che affronti seriamente la ‘questione generazionale’ e il rischio che, in futuro, i giovani di oggi vadano incontro a trattamenti pensionistici tali da non consentire un pieno sostentamento.
In vista di una riforma pensioni 2023 non più rinviabile, saranno dunque trattati temi quali la distinzione tra previdenza ed assistenza, la marcata flessibilità nella fascia d’età 62-70 anni, la protezione ad hoc per i lavoratori precoci, il taglio ai costi del riscatto laurea, la stabilizzazione di Opzione Donna e di Ape Sociale. Probabile anche l’introduzione di una pensione di garanzia per i giovani. Ma di tutto ciò avremo conferma soltanto a partire dal 2023.