Chi è in cassa integrazione può svolgere un secondo lavoro per garantirsi comunque un reddito, ma può farlo soltanto a determinate condizioni di cui si trova traccia nella legge. Ecco quali sono.
Attenzione agli obblighi in materia di rapporti di lavoro, infatti oltre a quelli connessi tipicamente alla prestazione lavorativa in sé, come ad es. il rispetto dell’orario di lavoro e il dovere di eseguire le proprie mansioni con diligenza e nel rispetto delle direttive aziendali, ve ne sono alcuni che, pur essendo estranei alla prestazione, ricadono di fatto sul lavoratore.
Pensiamo al dipendente che si trova nel bel mezzo di un periodo di Cig o Cigs, ovvero in un periodo cassa integrazione. Ebbene si tratta di quei casi in cui il lavoratore è destinatario di un contributo economico dello Stato che sostituisce o integra la retribuzione: l’obiettivo è infatti quello di sostenere economicamente i lavoratori sospesi dal lavoro, o che operano con orario ridotto per difficoltà produttive dell’impresa.
Ebbene, non bisogna dimenticare che per il lavoratore cassaintegrato, che svolge una seconda attività di lavoro – ma senza renderlo noto all’INPS – possono esservi guai molto seri. Il rischio concreto è infatti è quello di andare incontro al licenziamento, per aver lavorato nelle ore che, normalmente, sarebbero state destinate allo svolgimento delle prestazioni di cui al contratto di lavoro. Vista la delicatezza di questi temi, diamo di seguito qualche approfondimento.
Cassa integrazione e secondo lavoro: il contesto di riferimento
L’ipotesi accennata è nient’affatto remota e riguarda, potenzialmente, tutti coloro che si trovano nella condizione di cassa integrazione, e dunque in un stato in cui non lavorano e incassano uno stipendio pari all’80% dell’ammontare ordinario.
Con l’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità e il boom bollette, un dipendente cassaintegrato potrà certamente domandarsi se ed entro quali limiti è possibile svolgere un secondo lavoro, ovvero una seconda attività che permetta di conseguire entrate ulteriori.
Il quesito seguente è perciò assolutamente legittimo: se si svolge un altro lavoro durante la cassa integrazione, quali rischi si possono correre? E, soprattutto, la seconda attività lavorativa parallela deve essere comunicata all’INPS? Rispondiamo subito ed in senso affermativo: infatti vi sono regole specifiche per questa situazione, che ogni lavoratore cassaintegrato deve ricordare. Rispettarle significa:
- non rischiare di perdere il trattamento di integrazione salariale;
- non rischiare il licenziamento.
Insomma, se è vero che non è in generale vietato fare un altro lavoro durante la cassa integrazione, è pur vero che occorre adottare alcuni accorgimenti per muoversi in piena conformità alla legge.
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Cassa integrazione e secondo lavoro: cosa dice la legge a riguardo?
Tieni conto che la legge non prevede comunque un divieto assoluto di lavorare durante la cassa integrazione, tuttavia le regole sono molto rigorose a riguardo ed infatti:
- il lavoratore che compia attività di lavoro dipendente di durata maggiore di 6 mesi oppure di lavoro autonomo, nell’ambito del periodo di integrazione salariale, non ha diritto al trattamento per le giornate di lavoro svolte in concreto;
- nel caso in cui il lavoratore svolga attività di lavoro dipendente a tempo determinato uguale o al di sotto dei 6 mesi, il trattamento è fatto oggetto di sospensione per la durata del rapporto di lavoro.
Ciò certamente si comprende alla luce del fatto che il legislatore vuole evitare una ‘duplicazione’ dei compensi. In buona sostanza:
- il lavoratore può trovare una seconda attività nell’ambito dei periodo di cassa integrazione, ma può liberamente farlo nelle fasce orarie che sarebbero già rimaste libere con l’impiego principale;
- altrimenti se vi è sovrapposizione di orario, scatta logicamente il venir meno del beneficio economico legato alla prestazione della cassa integrazione.
In particolare, la perdita del beneficio può essere integrale o parziale, a seconda che la sovrapposizione di orario sia, appunto, totale o parziale. Sinteticamente, è vietato il cumulo tra l’integrazione salariale e la retribuzione incassata dal secondo datore di lavoro ed il motivo è facilmente comprensibile: non avrebbe senso aiutare economicamente un lavoratore che ha già trovato un differente impiego nelle stesse ore per le quali vale il regime della cassa integrazione.
Ulteriori limiti per i cassa integrati che vogliono avere un secondo lavoro
Le limitazioni in realtà non sono finite qui. Infatti il lavoratore:
- deve comunque evitare di superare i limiti massimi di orario lavoro settimanale valevoli per lo specifico comparto (di solito nei Ccnl il tetto massimo è 48 ore). In buona sostanza, in caso di lavoro in cassa integrazione, è sempre consigliabile fare un part time o un lavoro autonomo come seconda attività, senza firmare alcun contratto a tempo pieno;
- non deve superare un certo tetto di incasso per il secondo lavoro. Infatti non va oltrepassato il limite di retribuzione di 30mila euro all’anno, altrimenti si perde l’integrazione salariale versata dall’istituto di previdenza.
In verità, c’è poi anche il rischio per il quale il datore di lavoro che ha deciso per la cassa integrazione del dipendente, può rilevare una giusta causa di licenziamento, laddove la seconda attività si ponga in contrasto con gli obblighi di fedeltà, che scaturiscono dal rapporto di lavoro già sussistente. Tipico è il caso della seconda attività di lavoro, che sia in concorrenza con la prima.
Infine non bisogna dimenticare che per rispettare pienamente la legge, il dipendente che si trova in cassa integrazione e svolge una seconda attività ha il dovere di comunicarla all’Inps. Le norme in materia sono molto precise a riguardo: infatti, in ipotesi di mancata comunicazione all’ufficio territoriale dell’Istituto previdenziale, scatta la decadenza dal diritto alla cassa integrazione.