Non fossero bastati due anni di Pandemia, ecco l’ultima dal mondo epidemiologico: vi sarebbero batteri resistenti agli antibiotici. Per alcuni addetti ai lavori ci staremmo incamminando verso una vera e propria crisi mondiale.
I batteri avrebbero svolto i compiti a casa e adesso sarebbero in grado di far fronte unito agli antibiotici, il tutto nell’indifferenza generale delle politiche sanitarie.
Una vera e propria crisi planetaria: a organizzarla i cosiddetti batteri “cattivi”. Agenti patogeni che hanno appreso l’arte della resistenza agli antibiotici: i medicinali che fino a oggi erano capaci di abbatterli sembrerebbero non sortire più alcun effetto.
L’augurio: che la prossima pandemia non sia originata da batteri
L’avvertimento della professoressa e direttrice dell’Unità di Malattie Infettive dell’azienda ospedaliera universitaria di Verona Evelina Tacconelli non lascia dubbi oltre che scampo:
Se la prossima pandemia dovesse essere causata da batteri resistenti agli antibiotici ci troveremmo inermi.
Il riferimento è a parole espresse da una responsabile di innumerevoli programmi di ricerca sulle infezioni antibiotico-resistenti presso l’Ateneo tedesco di Tubinga. Insomma, non una persona qualunque.
Sebbene per comprendere la gravità della situazione non occorra propriamente immaginare una crisi pandemica come quella scatenata dal Coronavirus. Non disporre più di antibiotici efficienti a contrastare le infezioni batteriche, sfortunatamente all’ordine del giorno nelle strutture ospedaliere italiane, sarebbe una problematica che aprirebbe una voragine nel vivere dei pazienti.
Un capitombolo nel passato, quando si era ancora inermi di fronte l’insorgere di patologie infettive, la cui offensiva fu resa blanda proprio dal sorgere degli antibiotici. E un segnale di pericolo che dovrebbe significare notti insonni per massimi esponenti delle politiche sanitarie, tuttavia da troppo tempo passa inascoltato.
Un problema tutto italiano, record negativi
La problematica interessa in maniera sorprendente e soprattutto il nostro Paese. Vantiamo nel continente un duplice guinness negativo:
l’Italia conta il primato per la propagazione di germi farmaco-resistenti assimilati nelle strutture ospedaliere (i complessi che dovrebbero in linea di massima essere i più protetti!). Basti considerare che tra i 29 Stati sottoposti a monitoraggio (indicazioni del 2015), su 33mila vittime ben 11mila sono state registrate nel nostro Paese, dato a dir poco pessimo; il nostro Paese è anche in fondo alla classifica inerente l’abuso di antibiotici, ragion per cui qui più che in altra parte hanno smarrito efficienza.
Alla professoressa e ricercatrice italiana Evelina Tacconelli l’Organizzazione mondiale della Sanità nel corso di quest’anno ha assegnato la conduzione di un team di scienziati appartenenti a ben 22 nazioni.
La missione consta nel redigere un elenco aggiornato dei batteri più nocivi per la salute degli esseri umani. E pertanto tracciare quali nuovi antibiotici sia a dir poco urgente realizzare su scala globale.
Batteri resistenti ai farmaci, prendere consapevolezza e appellarsi seriamente alla politica
Il cittadino italiano dovrebbe assumere consapevolezza del suo diritto alla sanità, proprio come avviene a Berlino o a Oslo. Viviamo un vero e proprio paradosso:
Siamo uno dei Paesi più evoluti al mondo, ma se entro in ospedale a farmi un’operazione d’anca il mio rischio di morire per un’infezione ospedaliera resistente agli antibiotici è di 10 rispetto allo 0,1 di un paziente identico a me ricoverato in Nord Europa.
Forse andrebbe lanciato un messaggio (quasi un ricatto). In sintesi: il voto a patto che si prenda in onere all’interno dei programmi politici la missione di rendere le strutture ospedaliere luoghi più tutelati dove poter poi curare le patologie in tutta sicurezza. Oltre all’assumere professionisti dall’assoluta competenza, che prescrivano farmaci con cognizione di causa.