Con il boom inflazione per gli affittuari si palesa il rischio concreto di pagare un canone di affitto più salato dal 2023. Infatti il proprietario ha il diritto di chiedere un canone più alto, per adeguarlo alla crescita del tasso di inflazione.
Tra le tanti voci di spesa aumentate o lievitate in questi mesi abbiamo i costi delle bollette, dei beni di prima necessità e dei carburanti.
Ma ora per chi non è proprietario di un’abitazione in cui vivere e non ha scelto la strada del mutuo per comprare un immobile, in vista del 2023 si affaccia un ulteriore salasso. Ci riferiamo in particolare all’aumento del canone di locazione, il quale per il prossimo anno pare ormai cosa certa.
Ma ciò che più preoccupa gli affittuari è che detto incremento della spesa dei canoni mensili potrà essere retroattivo di un quinquennio. Proprio così e spiegheremo perché nel corso di questo articolo.
Non un obbligo, ma certamente un diritto del locatore di adeguare il canone di affitto al tasso di inflazione in crescita. In buona sostanza, gli inquilini sarebbero costretti a pagare di più, pena il dover lasciare l’immobile affittato. Vediamo allora di approfondire questi delicati aspetti che riguardano non pochi cittadini italiani. I dettagli.
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Canone di affitto in aumento nel 2023? Il contesto di riferimento
Oggi in Italia sono diversi milioni coloro che hanno scelto la soluzione dell’affitto rispetto a quella del mutuo o dell’acquisto della casa. Molto spesso si tratta di valutazioni meramente economiche, ma talvolta l’affitto è scelto come vera e propria valutazione ‘strategica’ del privato, che preferisce versare una quota mensile al proprietario e investire diversamente il capitale, che altrimenti avrebbe speso per comprare un certo immobile.
Il canone di affitto o di locazione immobiliare, di per sé, si fonda su due insiemi di regole, ovvero da un lato le istruzioni ben precise di cui al Codice Civile, e dall’altro le scelte che le parti fanno nell’ambito della sottoscrizione del contratto.
Ma il punto è proprio questo ed attiene all’aumento del canone di affitto in vista del 2023. Come in una sorta di reazione a catena che vede al centro il boom del tasso di inflazione – come acclarato dall’Istat – e la crisi energetica, dopo l’aumento degli alimentari, della benzina e delle bollette, ecco che anche gli affitti sono destinati a crescere.
Non sono dunque pochi coloro che tra gli affittuari hanno già intuito quale potrà essere lo scenario 2023: c’è chi si domanda infatti se è legalmente possibile che il proprietario annunci all’inquilino che, da gennaio del prossimo anno, il canone di affitto mensile sarà più caro causa inflazione. Non solo: c’è chi tra i locatori ha già spiegato che a partire dal primo mese del 2023 saranno dovuti gli arretrati dell’affitto dal 2019 ad oggi, ovvero delle differenze di canone (causa inflazione).
Canone di affitto in aumento: il rilievo dell’inflazione e dell’indice FOI
Ebbene, la risposta alla domanda di cui sopra è positiva, o almeno lo è per il proprietario. Questi infatti è autorizzato ad aumentare il canone causa inflazione, in quanto il corrispettivo che costituisce il canone di affitto è legato all’indice FOI, ovvero l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati. Esso si collega ai consumi delle famiglie che fanno capo a un lavoratore subordinato extragricolo. Detto indice è peraltro considerato dalla maggioranza dei riferimenti normativi nazionali per l’adeguamento di valori in euro correnti. In buona sostanza, l’indice FOI altro non è che il paniere dei beni di largo consumo che indicano, sulla scorta delle regole Istat, l’inflazione annuale.
Il trend è preoccupante perché in questo momento la direzione va verso un’inflazione a due cifre. Infatti la crisi energetica dell’ultimo periodo è andata a sommarsi alla crisi economica già presente da anni, generata dalla pandemia e proseguita poi con il conflitto in Ucraina. In una sorta di effetto domino anche il canone di affitto salirà, andando così a gravare sulle già precarie risorse di una famiglia.
Nel nostro paese i contratti di affitto sono sottoscritti da inquilino e proprietario di casa in due modi ovvero canone concordato con la formula 3+2, oppure canone libero con la formula 4+3. Per entrambi le tipologie di contratto il proprietario è comunque libero: egli può infatti chiedere l’aumento del canone al proprio inquilino, e ciò è possibile anche laddove questa eventualità non sia inclusa tra le clausole di cui al contratto di affitto sottoscritto a suo tempo.
La richiesta degli arretrati affitto da parte del proprietario è legittima
Alla luce di quanto abbiamo detto finora il padrone di casa potrà adoperarsi per ottenere gli arretrati degli aumenti non versati, perché la legge di fatto non glielo vieta – ovvero è un suo diritto. Per quanto attiene alla richiesta di arretrati del padrone di casa, pertanto, anche in dette circostanze l’inquilino sarà la parte debole e dovrà dunque adeguarsi alle scelte del proprietario.
In buona sostanza un proprietario che non ha ancora chiesto incrementi nonostante fossero previsti nel contratto – e perciò non ha ancora adeguato il canone all’inflazione – potrà tutelarsi sotto questo lato. Di fatto può legittimamente domandare il pagamento delle differenze di canone fino a 5 anni indietro. Ci si riferisce al termine di 5 anni valido per la prescrizione. Ciò vuol dire che il padrone subisce comunque un limite rappresentato dal fatto che non può chiedere arretrati per le annualità anteriori alle ultime 5.
Concludendo, l’affittuario dal 2023 potrebbe così essere obbligato a pagare la differenza di canone tra quello già versato e quello che doveva versare causa incremento per ogni anno, legato all’inflazione. Ciò oltre al nuovo canone aumentato a partire da gennaio.