Il Governo è al lavoro su Opzione Donna, i conti non tornano e le lavoratrici potrebbero non vedere accordate le previste modifiche alla misura.
Soldi e uguaglianza potrebbero essere la causa di un passo indietro del Governo con riferimento a delle variazioni inizialmente preventivate dall’esecutivo.
L’idea del Governo è di modificare Opzione Donna introducendo il requisito del numero dei figli. Più vantaggi per le lavoratrici mamme ma questa variazione si scontra con due importanti questioni. La prima riguarda i costi di un eventuale cambiamento, troppo onerosi per le casse dello stato. La seconda fa riferimento al principio di uguaglianza. Potrebbe rivelarsi discriminatorio nei confronti delle donne senza figli. Da qui il passo indietro che probabilmente verrà compiuto dall’esecutivo. Ciò significa che la modifica con riferimento al numero dei figli non verrà inserita nella Legge di Bilancio 2023. La manovra è stata approvata ma ora si stanno scrivendo i dettagli del testo con l’intento di poter trasformare la bozza in Legge il prima possibile, si parla addirittura del periodo immediatamente precedente al Natale.
Opzione Donna, salta la modifica: ecco i motivi
Due motivi, dunque, alla base del possibile annullamento della modifica inizialmente prevista dal Governo. I costi aggiuntivi non supportati dalle attuali risorse e l‘incostituzionalità del provvedimento. Il testo presentato la scorsa settimana approvato dal Consiglio dei Ministri arricchiva la misura di pensionamento anticipato di alcuni dettagli.
Le lavoratrici avrebbero potuto accedere alla pensione a 58 anni se con due figli, a 59 anni con un figlio e a 60 anni in assenza di figli. Confermato il requisito contributivo di 35 anni e il sistema di calcolo puramente contributivo per conteggiare l’importo dell’assegno pensionistico. I dubbi, però, sugli interventi da attuare sono sempre rimasti tanto da far presentare in bianco l’articolo relativo ad Opzione Donna.
I ragionamenti dell’esecutivo
Le lavoratrici continueranno ad andare in pensione a 58 anni se dipendenti e a 59 anni se autonome indipendentemente dal numero di figli. Il motivo è che mancano i soldi per sostenere un cambiamento e i vantaggi economici dal restringimento della platea non sarebbero significativi. Ma c’è una seconda causa che appare ancora più importante.
La nuova normativa sembrerebbe avere una natura penalizzante. Sia verso le donne con un solo figlio che verso le lavoratrici senza figli. Violare il principio di uguaglianza non è possibile e molti costituzionalisti già hanno avanzato l’idea che la nuova formula sia discriminatoria. Si parla di “pressappochismo”, di “sapore del Ventennio” e, di conseguenza, il dietrofront è stato quasi un obbligo per il Governo.
Le lavoratrici che sperano di avere più vantaggi perché mamme di due o tre figli dovranno rinunciare all’idea di favoritismi, sarebbero incostituzionali.